Covid, il maxi studio: no-mask minaccia per future pandemie

(Adnkronos) – Le mascherine hanno funzionato contro Covid e funzioneranno contro altre infezioni: “Se indossate in modo corretto e costante, sono efficaci nel ridurre la trasmissione delle malattie respiratorie”. E’ la conclusione principale di un maxi-studio pubblicato su ‘Clinical Microbiology Reviews’, rivista della Società americana di microbiologia (Ams), che ha analizzato oltre 100 lavori sull’argomento raccogliendo “prove evidenti per confutare le affermazioni dei gruppi no-mask”, secondo cui “le mascherine non funzionano” o peggio “sono pericolose per la popolazione generale”.  

Una posizione, quella contraria alle mascherine, “talvolta collegata a convinzioni politiche e ideologiche” e “palesemente errata”, scrivono gli autori che avvertono: “La continua riluttanza di molti” su questo tema, anche “nella comunità per la prevenzione e il controllo delle infezioni”, potrebbe rappresentare “una grave minaccia per la salute pubblica nelle future pandemie”. Soprattutto perché, osservano gli scienziati, “queste persone spesso ricoprono posizioni influenti sugli organi decisori della sanità pubblica a livello globale e nazionale”. 

Invece, considerando che “il sentimento anti-mask è in aumento insieme a quello anti-vaccini”, in vista di nuove eventuali emergenze “un messaggio chiaro e coerente su queste materie da parte delle autorità sanitarie pubbliche – ammoniscono gli esperti – sarebbe di grande aiuto”. 

I ricercatori hanno preso in considerazione “oltre 100 revisioni pubblicate e studi primari selezionati, incluso il riesame di metanalisi contestate di studi clinici chiave”. L’uso di mascherine, è emerso, rappresenta “un intervento efficace (anche se non perfetto) per controllare la diffusione delle infezioni respiratorie”, che può essere “particolarmente importante nelle fasi iniziali delle pandemie, quando l’agente patogeno” responsabile “è ancora sconosciuto” o comunque “non sono ancora disponibili farmaci e vaccini” efficaci nel contrastarlo. Gli scienziati hanno valutato anche “l’obbligo di mascherine”, che si è rivelato “nel complesso efficace nel ridurre la trasmissione comunitaria di malattie respiratorie nei periodi in cui è elevata”. 

Quanto a eventuali controindicazioni all’utilizzo delle mascherine, “sebbene vi siano molte prove” a supporto del fatto che “non sono dannose per la popolazione generale”, indossarle “può essere relativamente controindicato nei soggetti con determinate condizioni mediche”, che potrebbero pertanto essere dispensati dall’usarle. “Alcuni gruppi”, infatti, “in particolare le persone non udenti, risultano svantaggiati” dall’impiego delle mascherine. Ciò premesso, “le politiche sul loro utilizzo dovrebbero riflettere meglio i rischi/danni effettivi delle mascherine – precisano gli autori – piuttosto che essere eccessivamente influenzate da pericoli speculativi (come la ritenzione di anidride carbonica) che non hanno fondamento empirico, o da effetti negativi che riguardano determinati gruppi definiti (ad esempio alcune persone con autismo)”, che appunto potrebbero essere dispensati dall’indossarle.  

“Migliorare la comprensione tra scienziati, medici, politici e grande pubblico circa l’efficacia delle mascherine” viene definita dagli esperti “una priorità urgente”. Per i ricercatori è giunto il momento di abbandonare una trattazione “binaria” del tema (le mascherine funzionano, non funzionano). Da parte delle autorità sanitarie, suggeriscono, servono “politiche esplicite sull’uso delle mascherine nella prevenzione e nel controllo delle malattie respiratorie” per “la protezione individuale delle fasce più a rischio e la protezione in contesti specifici compresi i luoghi di lavoro e le strutture sanitarie”, dando indicazioni su come utilizzare questi dispositivi durante “le infezioni respiratorie stagionali e le pandemie”. Gli autori incoraggiano infine la ricerca su più filoni. Tra gli altri: “Migliore caratterizzazione delle situazioni in cui l’impiego di mascherine dovrebbe essere raccomandato o imposto; attenzione al comfort” e anche all’estetica (“forme, colori e design”), e “sviluppo di nuovi materiali per migliorare la filtrazione, la traspirabilità e l’impatto ambientale” di questi dispositivi di protezione individuale.  

 

(Adnkronos – Salute)

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