Roberto Bracco: l’antifascista censurato dal Regime (VIDEO)

Roberto Bracco: l'antifascista censurato dal Regime (VIDEO).

Dal 29 ottobre al 2 novembre a Galleria Toledo è andato in scena il nuovo spettacolo di Virus Teatrali, con la regia di Giovanni Meola, intitolato “L’internazionale” da un testo di Roberto Bracco. Lo spettacolo è frutto di un lavoro di studio che Meola ha condotto su Bracco e sulle sue opere con l’intento di riportare alla luce la figura del drammaturgo napoletano oggi purtroppo misconosciuto.

Chi era Roberto Bracco

Giornalista e drammaturgo napoletano (1861 – 1943) Bracco è stato un autorevole esponente del teatro italiano del primo Novecento, rappresentato tanto in patria quanto all’estero. Più volte candidato al Nobel per la letteratura, fu eletto deputato nel 1924 nelle liste di Giovanni Amendola e figura tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce nel 1925. Proprio l’avversione al Fascismo però ne determinò il declino fino alla definitiva scomparsa: le sue opere furono messa al bando e mai più rappresentate, venne emarginato dall’ambiente culturale italiano e così, ai posteri, è giunto ben poco della sua opera e della sua “fama”, pur avendo avuto un ruolo da protagonista nel dibattito culturale fino ai primi anni ’20. La sua produzione spazia da versi dialettali e novelle (Smorfie umane, 1906) a drammi di impronta verista fino a commedie più psicologiche e intimiste (Sperduti nel buio, 1901; La piccola fonte, 1905).

“L’internazionale”, non solo canzonette!

“L’internazionale” è un testo rappresentato per la prima volta esattamente un secolo fa ed è ambientato proprio nel 1914 quando l’Italia non era ancora entrata in guerra. Protagonista è la bella Mignon Floris, una canzonettista tipicamente belle époque che, avvisata dal proprio manager-amante delle difficoltà che il suo repertorio incontra tra gli impresari locali, sembra essere interessata a tutt’altro. In lei, infatti, cresce un sentimento di disagio per la situazione internazionale rivolto in particolare alle migliaia di giovani che in Europa muoiono nelle trincee. La donna, dopo aver collezionato amanti nelle sue lunghe tournée, oggi scopre l’insensatezza della guerra esprimendo posizioni fortemente antimilitariste (che sono poi quelle dell’autore). Con lo svolgersi della vicenda scopriamo che la sua ansia per le sorti degli ex amanti le procurerà uno spiacevole malinteso con la polizia che, tenendo sotto stretto controllo il telegrafo, sospetta nei suoi messaggi delle comunicazioni in codice pericolose per la sicurezza della Patria.

Lo spettacolo di Giovanni Meola

Questo spettacolo segna la prima tappa di un percorso, un “progetto-Bracco”, che Giovanni Meola intende realizzare con l’obiettivo di riaccreditare sia sul piano storico che su quello artistico la figura del drammaturgo napoletano. Per quanto riguarda il lavoro fatto sul testo de “L’internazionale”, il regista ci ha raccontato di averlo solo un pò ritoccato per aggiornare alcune espressioni un tantino obsolete e per dare maggiore risalto ai personaggi di contorno, più sfumati nella versione originale. L’impianto scenico, di Armando Alovisi, è piuttosto minimalista e prevede: uno scrittoio, due sedie, una serie di lampadine poste in proscenio e una grande carta geografica dell’Europa con cui la protagonista interagisce lungo tutto lo spettacolo (è prima un involucro, poi un tappeto, un lenzuolo, uno straccio…). Gli attori sono Sara Missaglia (nel ruolo di Mignon), Luca Di Tommaso (Renzo, l’amante-manager), Simona Pipolo (la cameriera di Mignon) e Luigi Credendino (ispettore di polizia), quest’ultimo tra i più convincenti. L’impressione complessiva è che lo spettacolo sia abbastanza statico e a tratti ridondante, soprattutto nella prima parte, dove il lungo dialogo tra Mignon e Renzo forse necessitava qualche accellerata o delle soluzioni registiche più ricercate. Nella seconda parte, invece, il ritmo cresce e anche la vicenda si fa più intrigante (salta fuori l’ipotesi che Mignon possa essere una spia) poi però il tutto si risolve senza grandi emozioni, senza un concreto scatto in avanti, in un clima generale piuttosto a-patico. Forse pesa la scelta di un registro interpretativo tutto sommato realista o forse pesa il fatto che i momenti in cui il segno registico si fa più marcato sono limitati a delle sottolineature musciali non particolarmente incisive. Secondo noi nella messinscena occorreva prendersi qualche rischio in più spingendo i caratteri dei personaggi principali, magari anche forzando un pò il testo. In conclusione: ottima l’intuizione sulla carta ma un pò debole il risultato. Aspettiamo, però, i prossimi step del progetto: l’idea c’è.

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