E’ un po’ di tempo che vado osservando i tentativi , a volte maldestri, di sganciarsi dalle attuali politiche economiche europee, costatando tuttavia una forza centripeta che oramai lega gli Stati membri ad un principio tanto fondamentale quanto, a mio avviso, sbagliato: una politica di austerity basata su tagli e tasse. Gli europeisti convinti gioiscono perché vedono sempre di più avvicinarsi il traguardo di una centralità di Bruxelles, che sa tanto di sovranità sovranazionale. Di contro gli euroscettici sono terrorizzati dal timore di una riproposizione morbida del “terzo Reicht”, supportata da un atteggiamento del Prof. Monti pronto a siglare l’ennesimo “patto d’acciaio” con la Germania. Ora, a prescindere da tutte le metafore, di certo andremo a ratificare un teorema economico che non vede al momento degli osteggiatori veramente convinti. Sinistra e Destra sono pronte all’obbedisco di garibaldina memoria nei confronti del management europeo, tutto coeso ad imporre il prof. Monti come unico garante della politica di austerity. A qualcuno verrebbe da dire: liberismo se ci sei batti un colpo. Il tanto citato Keynes, a cui molti si rifanno ipocritamente, nella sua teorizzazione della domanda aggregata e del reddito, affermava che in periodi di sottoccupazione l’unico modo per incrementare il reddito era attraverso il sostegno ai consumi e agli investimenti, non solo, ma era lo Stato che doveva supportare la spesa pubblica poiché il mercato lasciato a se stesso non ha la forza per poter incidere in maniera completa. Taylor nella sua disamina del rapporto tra economia reale e monetaria aveva teorizzato un rapporto inverso tra PIL e tassi di interesse: quando il PIL decresce e siamo in una fase di recessione i tassi a breve diminuiscono, stimolando investimenti e produzione con conseguente effetto incrementale su PIL stesso. Ma questo vale se i mercati finanziari non sono drogati. Se il sistema creditizio, causa investimenti cosiddetti allo scoperto, accumula sofferenze nonostante i tassi decrescano, non ha la possibilità di rilasciare liquidità perché risultano in sofferenza patrimoniale. Il meccanismo di Taylor si blocca e si ottiene una fotografia in cui il PIL decresce, i tassi reale sui prestiti aumentano causa aumento del rischio bancario e gli investimenti sono bloccati. Ecco perché le banche non andavano e non vanno lasciate agire a briglia sciolta. Molti diranno che finalmente c’è un controllo bancario centrale, peccato che siano fuori tutte le sparkasse di media piccola dimensione , detentrici della maggior parte del credito alle PMI. Verrebbe da dire che quando qualcuno lancia un allarme di un Europa germano centrica la spara grossa , ma forse qualche sospetto c’è. Se questo è lo stato reale dell’economia, come può essere la politica di contrazione della spesa e di aumento della tassazione la giusta ricetta?. La giustificazione del controllo dello spread e del debito pubblico capite che non regge più. Quando gli investitori analizzano il nostro Paese non vanno a leggere “Novella 3000” per capire se l’ex Presidente del Consiglio decide di candidarsi o meno. L’analisi che viene fatta è sull’affidabilità da parte dell’Italia nel rifondere il prestito. Ora ci sono due modi errati per poterlo garantire: il papà smette di comprare cibo e vestiti ai figli e quanto risparmiato lo dà alla banca, con la quasi certezza che questi moriranno prima o poi (quello che sta facendo il Governo attraverso il taglio della spesa pubblica ) oppure il genitore chiede ai figli i loro risparmi (aumento della tassazione) . Non viene però considerata una soluzione che i più dotti ritengono teorica ma che non lo è per coloro che hanno un po’ di carattere che non sia semplicemente di matrice contabile. Bene, il taglio della spesa improduttiva per alleggerire la spesa pubblica, accompagnata però da un abbattimento delle tasse: Laffer, economista a volte bistrattato, teorizzava un limite massimo di imposizione fiscale oltre il quale l’ulteriore aumento impositivo ha l’effetto di diminuire il gettito complessivo. Egli teorizzava che quando il gettito iniziava a diminuire, in quel momento le aliquote dovevano essere ridotte, poiché voleva dire che la pressione era diventata per l’individuo insostenibile e generava fenomeni anche evasivi. Questa riduzione dell’imposta genera un reddito netto spendibile superiore, con conseguente aumento dei consumi, del PIL e quindi del gettito fiscale. Questa teoria non è nata nel medioevo ma bensì nel 1980 quando Ronald Reagan divenne Presidente. In quegli anni Reagan ridusse le tasse provocando un aumento delle entrate fiscali, l’errore fu però di aumentare la spesa pubblica per spese militari, innescando così un deficit di bilancio enorme. Qualche anno dopo, ai giorni nostri, il Presidente Obama ha ripreso la prima parte di Laffer, riducendo la pressione fiscale; ora per completare l’opera dovrebbe iniziare a ridurre la spesa pubblica, azione sulla quale si sta iniziando a ragionare negli USA. Questo per dire che fin quando saremo appiattiti su una posizione oltranzista di lacrime e sangue, questa stagnazione perdurerà per molto tempo, anche perché esiste un limite inferiore in cui il ritardo di innovazione sarà talmente alto rispetto ad altri Paesi da non permetterci più di ripartire, trasformando l’Italia e l’Europa Mediterranea in quello che oggi è per noi il Sud.
Luigi Del Giacco
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