Comune di Padova: discorso del sindaco Sergio Giordani in occasione della cerimonia del Giorno della Memoria

«Porgo i miei saluti a tutte le autorità civili militari e religiose  presenti, e naturalmente ai rappresentanti della comunità ebraica della nostra città.

Ci ritroviamo qui come ogni anno in questa giornata che è dedicata al ricordo della Shoah, lo sterminio del popolo ebreo messo in atto con spietata crudeltà e ferocia dal nazifascismo.

Gli anni passano e con l’allontanarsi di quegli avvenimenti, cresce il rischio che la memoria, il ricordo di quanto accaduto piano piano svanisca fino a perdersi del tutto. 

Lo ha ricordato nei giorni scorsi con un lucido pessimismo la stessa Liliana Segre durante un incontro a Milano .  

“Una come me è pessimista e ritiene che tra qualche anno ci sarà una riga sui libri di storia e poi non ci sarà nemmeno più quella” ha commentato amaramente.

I testimoni oculari, i sopravvissuti a quell’orrore tra un po’ non saranno più tra noi, e il ricordo sarà necessariamente nelle mani di chi ha raccolto quelle voci e quei racconti. 

Noi stessi che abbiamo avuto la fortuna di nascere dopo la guerra abbiamo ascoltato i racconti dei nostri nonni, e dei nostri genitori. 

Saremo in grado di mantenere la promessa di ricordare questo momento drammatico ma fondamentale per la storia dell’Europa e passare il testimone del ricordo ai nostri figli e ai nostri nipoti?

Abbiamo il dovere di farlo, non solo per onorare le vittime di quella barbaria e i giusti che non girarono la testa dall’altra parte e si opposero fino a perdere la vita, ma anche perché la storia non si ripeta. 

Conoscere quello che è accaduto, perché è accaduto, è fondamentale per capire quando attorno a noi accadono fatti che possono innescare derive simili. 

E guardate non sono discorsi teorici.  

Avremmo voluto far a meno della conferma che il germe della violenza contro altre donne e uomini ritenuti inferiori o diversi per etnia o religione non è ancora debellato.

Ce lo ricorda quanto accaduto con lo sterminio dei Tutsi in Ruanda nella primavera – estate del 1994, e poi ancora la pulizia etnica nei Balcani il cui drammatico simbolo è il massacro di Sebreniza del luglio 1995.

Lo confermano i rastrellamenti di civili che avvengono nelle aree di contatto tra russi e ucraini in questa folle guerra che dura da quasi un anno e della quale non si vede una via d’uscita. E potremmo citare altri esempi.

E sempre, quando accadono questi avvenimenti drammatici tutto inizia con le parole.   

Furono parole cariche di violenza, di disprezzo, di aggressività quelle con cui i nazisti convinsero quasi tutti i tedeschi che gli ebrei erano esseri inferiori, potevano e anzi dovevano essere discriminati, emarginati, puniti. 

Il percorso è sempre lo stesso: si inizia con le parole che negano la dignità e l’uguaglianza di chi abbiamo di fronte, fino a convincerci che è diverso da noi,  inferiore, magari anche pericoloso e infido.    

Il passo successivo è la privazione progressiva di ogni spazio di libertà, attraverso vessazioni di ogni genere e arbitrari  divieti.

Il terzo è l’eliminazione fisica. 

Le parole hanno un peso, sempre, e lo hanno ancora maggiore quando vanno a formare il sentire dell’opinione pubblica. 

Non si potrebbe comprendere altrimenti come persone che noi definiremmo del tutto normali abbiano potuto partecipare al progetto di eliminazione degli ebrei dalla Germania iniziato ancora prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e della creazione dei campi di sterminio. 

Un progetto a cui purtroppo ha dato una mano concreta anche l’Italia che il 10 novembre 1938 approvò le leggi razziali, una macchia indelebile nella nostra storia.

Conoscere tutto questo è fondamentale per capire il senso dei valori costitutivi della nostra democrazia: il pluralismo, la tolleranza i diritti umani.

Liliana Segre con la sua riflessione amara ci ha messo di fronte a una responsabilità collettiva e a una questione reale.

Il Giorno della Memoria rischia di trasformarsi in una celebrazione rituale che non riesce più a trasmettere le emozioni, i turbamenti, lo sconcerto per una tragedia di dimensioni enormi,  ma anche, sul lato opposto, i valori etici e morali che permisero a tante donne e  a tanti uomini di compiere atti di vero e proprio eroismo per non piegarsi al male e salvare quante più vite umane fosse possibile.

Dobbiamo ritornare alle testimonianze di chi ha vissuto quelle vicende: i racconti di chi è sopravvissuto ai lager, e prima ancora la narrazione di chi ricorda le discriminazioni, le piccole violenze, il clima di paura nel quale tante famiglie ebraiche hanno vissuto anche in Italia quegli anni.

Sono racconti, sono parole, che non possono lasciare indifferenti e che infatti quando sono lette dai ragazzi nelle nostre scuole colpiscono nel profondo.

Conoscere è fondamentale per capire, per scegliere, per essere in grado di cogliere – e speriamo che non accada davvero mai – il riaffiorare di idee, teorie, comportamenti pericolosi per la nostra democrazia.

Non si può costruire il nostro futuro se non conosciamo la nostra storia con le sue luci, ma anche con le sue ombre».

Sergio Giordani

(Padovanet – rete civica del Comune di Padova)