Prospettive interdisciplinari ed ecumeniche, interpretazioni bibliche e filosofiche, considerazioni di teologia, psicologia e dottrina sociale: è grande la ricchezza di stimoli emersa nella giornata di studio Coscienza e umanità. Fondamenti teoretici, fonti antiche, riflessioni moderne e contemporanee che si è tenuta a Padova e online il 20 e 21 ottobre 2022, promossa da Asli – Accademia di studi luterani in Italia e Facoltà teologica del Triveneto, in collaborazione con Absi-Associazione biblica della Svizzera italiana, Ise-Istituto ecumenico San Bernardino di Venezia e Cattedra Rosmini presso la Facoltà teologica di Lugano.
«La proposta è nata dal desiderio di ricordare il quinto centenario della Dieta di Worms (1521). In quell’occasione Martin Lutero, davanti all’imperatore Carlo V, compì quel gesto di rottura che condusse alla scissione della cristianità occidentale e tuttavia attestò un principio nuovo: la libertà di coscienza. Questo tema è ancora oggi un impellente richiamo alla responsabilità della persona umana» hanno evidenziato Lubomir Žak (Università Palacky di Olomouc – Repubblica Ceca, Asli) e Michele Cassese (Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia, Asli) nell’introduzione ai lavori.
Il tema della coscienza – complesso e rinviante alla costitutiva dimensione trascendentale dell’essere umano – è stato letto sotto diversi punti di vista nell’ascolto di voci di diversa confessione, cattolica e protestante, e nel tentativo di una sintesi ecumenica. Accanto all’esempio di credenti che hanno cercato di coniugare coscienza cristiana e impegno politico, sono stati evidenziati gli apporti delle recenti ricerche in atto nella psicodinamica e nelle neuroscienze.
La prima sessione ha ospitato i contributi del biblista Ernesto Borghi, del filosofo Franco Buzzi, dello psicologo Pierluigi Imperatore e del filosofo Markus Krienke. Le riflessioni proposte hanno messo l’accento e si sono richiamate fra loro su alcuni concetti chiave, a partire da quello di limite, come dimensione veritativa fondamentale con cui la coscienza si pone in rapporto e che segna il suo non bastare a se stessa. Il limite ha richiamato la dipendenza dell’essere umano, e l’ha collegata all’etica della riconoscenza e della cura, come declinazione della responsabilità, toccando le dinamiche affettive più profonde dell’essere umano e dunque ciò che attiene alla dignità della persona. La consapevolezza della gratuità è apparsa come un ambito in cui prendere coscienza di “chi sono” e comprendere che la coscienza non è un dato soltanto intellettuale ma tocca l’intimo dell’essere umano, il fondo, l’interiorità, e apre la sfida a come riappropriarsi oggi del proprio mondo interiore. Il problema del male, che interroga l’uomo forse più del bene, e il rilievo del fatto che la coscienza implica relazione (con l’altro, con me stesso e con Dio) sono altre sottolineature che hanno caratterizzato una riflessione articolata tra filosofia e scienze umane.
Nella seconda sessione, di taglio teologico, sono intervenuti i luterani Johannes Schilling e Dietrich Korsch e i cattolici Lorenzo Raniero e Sergio Gaburro. Più volte è risuonata la parola alterità come elemento costitutivo della coscienza e dell’agire: non c’è coscienza senza alterità, che vincola, interpella, muove e chiede responsabilità. Questo genera la domanda su che cosa ci vincola e porta al riconoscimento dell’intellegibilità del reale come ciò che obbliga la coscienza. Ciò che mi costringe a essere responsabile è il riconoscimento del senso, che in tanto è cercato in quanto è donato e che è l’istanza ultima che mi tiene prigioniero, secondo Lutero. Altro aspetto cruciale è il rapporto coscienza-autorità e la divisione delle chiese sulle questioni etiche. È stato però anche sottolineato che il discernimento morale è presente in tutte le confessioni cristiane e che sulla base di questo può riprendere il dialogo sull’etica. Nel dialogo ecumenico la coscienza morale cristiana può stare al centro per la sua azione di discernimento nelle problematiche etiche che ancora dividono le chiese, e proprio in questo suo ruolo è vista come possibile via di unità differenziata.
Di seguito si evidenziano alcuni passaggi di ciascuna relazione.
Alle radici della cultura euro-mediterranea
La prima sessione – Tra filosofia e scienze umane, 21 ottobre – è stata aperta da Ernesto Borghi (Associazione Biblica della Svizzera Italiana, Istituto superiore di Scienze religiose “Romano Guardini” di Trento, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sezione San Tommaso d’Aquino), con l’intervento “Alle radici della cultura euro-mediterranea: analisi e interpretazioni bibliche”. La grecità ha trasmesso uno spettro semantico della parola coscienza come consapevolezza di sé e del proprio essere, come possibilità di guardare nel proprio intimo e di assumere decisioni conseguenti e regole morali estranee al proprio particolare, come opportunità obiettiva di discernere bene e male. Avere coscienza nella Bibbia vuol dire però qualcosa di più, come ha spiegato Borghi. «In primo luogo implica essere dotati di un luogo di valutazione sottratto all’appannaggio di un’unica matrice culturale. È qualcosa di universale, il decisivo appello a cui chiunque può affidarsi per il solo fatto di essere umano. Secondariamente significa disporre di un luogo di progettazione che diviene voce pressante di Dio, anche se non può rifarsi a parole precise di Dio, a situazioni già verificatesi. Esso deve inserirsi nel discorso della storia della salvezza, riferirsi al suo nucleo centrale – Cristo morto e risorto – che è il vero luogo ermeneutico in cui capire il disegno di Dio e la sua logica costante».
Esistere per dono: l’etica della riconoscenza e della restituzione
Alla lettura biblica ha fatto da controcanto la lettura filosofica proposta da Franco Buzzi (Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, Asli), che ha parlato di “Struttura e princìpi della coscienza morale dal punto di vista fenomenologico-trascendentale: una possibile ricostruzione”. Il relatore ha proposto alcune linee per un’etica della “riconoscenza”, intesa come “restituzione” di sé. «Il primo compito o dovere assoluto che interpella la persona è quello di riconoscersi e mantenersi nella consapevolezza della differenza ontologica. Stare nella verità di questa dipendenza assoluta comporta la coscienza (teoretica e pratica) di esistere per dono». Al fine di essere se stesso secondo verità, colui che riceve totalmente se stesso in dono non può che restituire tutto se stesso. C’è un cerchio perfetto tra coscienza e libertà, l’una non è possibile senza l’altra e l’una si esercita sempre e solo nell’altra e attraverso l’altra. «Dal punto di vista dell’etica riservarsi per l’Assoluto rende possibile – e questo è l’aspetto rigorosamente complementare al “ritrarsi” – coinvolgersi totalmente nel mondo e nella relazione con gli altri in progetti che realizzino al meglio la dignità dell’essere umano. In questo complementare “ritrarsi” e “coinvolgersi” si esercita quotidianamente un’etica che chiamerei della “riconoscenza” e della “restituzione”».
Gli apporti della psicodinamica e delle neuroscienze
Oggi la coscienza è oggetto di studio anche da parte delle scienze psicologiche e le ricerche neurobiologiche rappresentano un’importante sfida per chi intende sostenere la fondatezza di una comprensione religiosa della persona umana. In questo campo si è mosso Pierluigi Imperatore (Epoché Institut, Napoli) spiegando “Cosa influisce sulla coscienza secondo le recenti ricerche nella psicodinamica e nelle neuroscienze”. Richiamando i processi e le dinamiche della costituzione del Sé e quindi dell’autocomprensione, dell’autoconsapevolezza e dell’autocoscienza, ha mostrato l’implicazione dei neuroni (e delle reti neurali) e la costituzione biologico-chimica del cervello umano per il funzionamento della mente umana. «I modelli delle neuroscienze affettive e della psicodinamica, sia epistemologica che ontologica, – ha sottolineato – non sono contrari al libero arbitrio, grazie all’attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale. Questa permette di intervenire con processi di cura anche verso soggetti con disturbi gravi (ad esempio autori di abusi)».
Laici ed impegno politico
Markus Krienke (Facoltà Teologica di Lugano, Asli) ha affrontato il tema “La coscienza cristiana dei laici nell’impegno politico. Tra storia e spiritualità” proponendo una carrellata storica a partire dal cambiamento paradigmatico nella dottrina cattolica sullo Stato portata dal Concilio Vaticano II, passando per una comprensione nuova di politica, di tipo liberal-cristiano, promossa dallo sviluppo di un’etica induttivo-riflessiva, quindi di tipo autonomo, in alternativa alla morale eteronoma del magistero: il cattolicesimo politico. E ancora, ha toccato il tema coscienza e Stato tra i cattolici liberali dell’800 e Rousseau/Hegel, per finire con esempi concreti dell’impegno dei cattolici in politica come espressione della loro coscienza cristiana sociale: i tedeschi Ludwig Windthorst, Bismarck, Franz Hitze, Joseph Mausbach, Georg von Hertling, e gli italiani don Romolo Murri e don Luigi Sturzo fondatore del Partito popolare italiano. «L’impegno dei laici cristiani in politica nella società a cavallo fra Otto e Novecento – che esula da tutto quello che era stato scritto in teologia e nel magistero su questo tema – ha dato un contributo imprescindibile per una comprensione cristianamente adeguata in coerenza con quello che affermavano i primi cristiani sulla base dell’annuncio di Gesù e del dato biblico per questa società».
Lutero e la “coscienza catturata dalla parola di Dio”
La seconda parte della giornata di studio – Riflessioni teologiche, 22 ottobre – si è aperta con un contributo di taglio storico. Johannes Schilling (Università di Kiel) nel suo intervento “’Qui sto saldo’. Una frase e il suo impatto” si è soffermato sulle parole di Lutero di fronte all’imperatore Carlo V, nella Dieta del 1521 che lo mise al bando. «La partecipazione di Lutero alla Dieta di Worms segna la nascita della libertà di coscienza – ha affermato –. Per la prima volta nella storia una persona ha invocato la propria coscienza davanti all’imperatore e all’impero intero – o più precisamente alla sua coscienza catturata dalla Parola di Dio». Quando gli fu chiesto se volesse ritrattare le sue posizioni, Lutero rispose: “Sono sopraffatto dai passi della Scrittura che sono stati da me citati, e sono legato in coscienza alla Parola di Dio. Perciò non posso e non voglio ritrattare nulla, perché agire contro coscienza è difficile, dannoso e pericoloso. Dio mi aiuti, amen”. Commenta Schilling: «Ecco la nascita, il kairos, della coscienza. Non abbiamo il testo del discorso di Lutero, disponiamo solo di una bozza che però non contiene le frasi finali». E aggiunge: «Probabilmente Lutero non ha pronunciato mai le famose frasi a Worms “Qui sto, non posso fare altrimenti”, ma le diffuse in prima persona subito dopo l’evento. Come ricordo immediato, queste parole facevano parte della sua confessione – una confessione il cui centro è costituito dalle parole: “capta conscientia in verbis dei”. Quando si parla attualmente di coscienza – conclude – non si fa quasi mai cenno al suo essere catturata dalla Parola di Dio, almeno in Germania. Con l’assenza di questo riferimento, però, Lutero non viene compreso: la coscienza catturata dalla Parola di Dio è qualcosa di diverso dal coraggio civile. E almeno i cristiani dovrebbero tenere ferma questa differenza».
“La fede non è altro che buona coscienza”
“Fides nihil aliud est quam bona conscientia”: questa frase di Lutero è stata utilizzata da Dietrich Korsch (Università di Marburg, Asli) come linea guida per una comprensione odierna della coscienza, secondo il metodo dell’analisi ermeneutica e fenomenologica (“Il giudizio della coscienza e la libertà della fede. Sul fondamento dell’autocoscienza umana”). «Vivere significa agire e nell’azione noi stessi partecipiamo alla realtà comune a tutti noi uomini – ha affermato –; ci percepiamo come collocati nella realtà, la presupponiamo sempre e questo presupposto è per noi obbligante». L’obbligatorietà nasce attraverso l’immagine interiore di me, che si crea nel passaggio interiore dall’essere interpellato al formulare una risposta: è la coscienza, che accompagna la mia vita e azione. Ma la coscienza è fragile: «non riusciamo mai ad allineare l’immagine interiore di noi stessi e le nostre azioni nel mondo e, nel giudizio della coscienza, il fallimento viene compreso come colpa». Nella grande promessa del cristianesimo Dio si prende cura dell’uomo nel fulcro della sua esistenza, cioè della coscienza, e lo conduce al suo compimento: «“Regno di Dio”, nella predica di Gesù, è la formulazione che riassume quest’ampia pertinenza di Dio. Vivere nella convinzione che Dio stesso è causa del passaggio dall’appello dell’uomo alla risposta umana, è fede. Così Dio stesso è al centro della vita umana come causa dell’immagine di sé e della coscienza attuale; questa presenza di Dio nella coscienza rende possibile l’agire nel mondo in una coscienza confortata; pertanto: “Fides nihil aliud est quam bona conscientia”».
Prospettive di dialogo per l’etica ecumenica
Lorenzo Raniero (Istituto di studi ecumenici san Bernardino di Venezia) ha esplorato il tema “La coscienza morale cristiana nel cammino dell’etica ecumenica. Prospettive di dialogo”. Nel rapporto dialogico tra norma universale e coscienza personale del cristiano, ha affermato, assume una particolare importanza il processo di discernimento. Se questo è un tratto comune alle chiese, nell’etica ortodossa la pratica dell’oikonomia è l’espressione di una coscienza pastorale, piuttosto che della coscienza personale del credente; nella prospettiva protestante la continua relazione con Dio in Cristo è la condizione stessa per il manifestarsi di una prassi etica conseguente al messaggio dell’evangelo. L’aggancio della tradizione morale cattolica con il processo di discernimento della coscienza cristiana è sintetizzato dai concetti di epikeia/aequitas e di phronesis/prudentia: nella loro connessione si sposano felicemente l’universalità dei valori e la storicità della condizione umana. «Nel dialogo ecumenico la coscienza morale cristiana è messa al centro per la sua azione di discernimento nelle problematiche etiche che ancora dividono le chiese, e proprio in questo suo ruolo è vista come possibile via di unità differenziata – ha concluso Raniero –. La ripresa del dialogo ecumenico sui temi etici può partire dal giudizio morale di coscienza in situazione, cioè dalle differenti risposte per cogliere come la coscienza collettiva delle chiese rinvii in modo sempre dinamico allo stesso orizzonte teologico».
Suonare componendo
«Avvertendosi preso dalla realtà, l’essere umano prende coscienza: è interpellato. Pur non essendo in grado di capire il Fondamento non può ignorarlo»: così ha esordito Sergio Gaburro (Facoltà teologica del Triveneto). Nel suo intervento “Prendere coscienza come essere presi. Un cammino di libertà” ha evidenziato alcuni tratti che attraversano l’umano sottolineando, con un’immagine plastica, come «la coscienza non è un soggetto che emerge e che diventa il direttore dell’orchestra umana, ma è un complesso di funzioni che compongono e suonano componendo». L’impulso si accende e l’orchestra comincia a suonare componendo. L’attività filosofica e teologica, che lo si voglia o no, affonda le sue radici anche nell’inconscio e nell’orizzonte della libertà umana, in un territorio difficilmente determinabile che sfugge a ogni tentativo di presa. «Se viene a mancare la consapevolezza di tale limite, ci illudiamo di poter diventare perfettamente coscienti. In realtà la presa di coscienza corrisponde al rimanere sempre sulla soglia, senza la pretesa di averla superata. Non c’è un cammino già prestabilito, ma il cammino della coscienza si fa andando! Tale cammino non è il movimento verso la meta, non è neppure il piacere per il tratto già compiuto e l’ansia per quel che rimane da percorrere, ma soltanto l’esperienza interiore che è insieme uno stato di sospensione e di conoscenza e quindi figura dell’esistenza umana stessa».
Paola Zampieri
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