AA 22/23 Corso online – Sessualità e identità di genere

«I gender studies sono una galassia complessa che merita di essere di essere esplorata con rispetto e apertura mentale. Lo studio è il primo antidoto contro paure, inquietudini e incomprensioni, e anche lo strumento per confrontarsi in modo costruttivo e critico con quelle posizioni che propongono modelli disumanizzanti non corrispondenti al vero bene delle persone». Ad affermarlo è don Giovanni Del Missier, che sul tema Sessualità e identità di genere, terrà un corso alla Facoltà teologica del Triveneto nel prossimo anno accademico. Il percorso si snoderà attraverso la presentazione e l’analisi critica di alcuni contributi di natura filosofica, teologico-morale e psicopedagogica che si riferiscono alla tematica (12 ore, il giovedì, ore 19.00-21.15, date: 2, 9, 16, 23 marzo 2023; info e iscrizioni [email protected]).
In questa intervista approfondiamo alcune questioni.

Professor Del Missier, per iniziare chiariamo che cosa si intende quando parliamo di gender.
«Il gender è una categoria ermeneutica impiegata in un’ampia frangia di studi (gender studies) che spaziano dalla filosofia alla sociologia, dalla esegesi biblica alla teologia. Introdotta negli anni ‘50 in ambito medico-psicologico per gestire alcune ambiguità sessuali presenti alla nascita, è stata poi assunta dal femminismo per mettere in luce i tratti maschilisti della cultura occidentale, facendo emergere i non detti e le costruzioni sociali che date per “naturali”, cioè immutabili e normative, non venivano mai sottoposte alla critica. È poi passata a molte altre discipline che la usano come una lente di ingrandimento per smascherare le precomprensioni insite nel linguaggio e nella cultura dominante».

Quali sono i rischi del gender?
«Il rischio più grande è quello di costringerci a pensare!!! E soprattutto a pensare ciò che diamo per scontato: la differenza sessuale. Martin Heidegger sosteneva che ogni epoca ha una cosa sola su cui riflettere e Luce Irigaray – una delle grandi pensatrici dell’etica della differenza – riteneva che proprio l’identità e la differenza tra uomini e donne fosse il compito del pensiero contemporaneo più urgente. Ovviamente, come in ogni riflessione che inizia da una meraviglia o da uno spiazzamento rispetto a ciò che è noto, anche il gender comporta dei rischi e delle possibili derive ideologiche, come il pericolo di disincarnare il soggetto, di dematerializzare la corporeità, di destrutturare la famiglia… ma si tratta di pericoli, non di esiti inevitabili dell’uso della categoria».

Nel dibattito sulla sessualità umana quali sfide emergono dall’ideologia gender, per la quale l’insegnamento della chiesa sarebbe retrogrado?
«Preferisco evitare di parlare di ideologia del gender, ma di derive o usi tendenziosi che sono sempre possibili; e allo stesso tempo se si vuole parlare di teorie del gender bisognerebbe usare il plurale e specificare a quale tipo di studi si fa riferimento. Tra gli usi tendenziosi vi è certamente quello di denigrare le posizioni avverse, ma al netto degli attacchi, occorre riconoscere che il gender ci sprona – o addirittura ci costringe – a ripensare criticamente l’antropologia e la morale sessuale, a impegnarci per comunicarla in termini comprensibili e all’altezza della riflessione culturale del nostro tempo, a riconoscere gli atteggiamenti violenti ed emarginanti legittimati (si spera involontariamente) dalla visione cattolica nei confronti delle donne e di tutte le persone LGBTI+. Insomma, uno stimolo a purificare la nostra riflessione, facendo ritorno all’annuncio liberante e inclusivo del vangelo: in questo non vi è nulla di retrogrado, ma una grande sfida per la chiesa chiamata a trasmettere la ricchezza del tesoro che le è affidato, in forme persuasive e significative per l’oggi».

Quale dialogo è possibile? Quali modelli di convivenza sono proponibili?
«Per noi cristiani il dialogo è sempre possibile perché i semi del Verbo o, se si preferisce, i segni dei tempi si nascondono tra le pieghe della storia e nelle riflessioni in apparenza più lontane dal nostro modo di pensare. E il dialogo inizia sempre con l’ascolto – il primo ministero ecclesiale – non delle teorie, ma del vissuto delle persone concrete, contrassegnato da gioie e sofferenze, da angosce e speranze… E nella convivialità delle differenze, non nel pensiero unico, ci si avvicina poco a poco, insieme alla Verità tutta intera: è la prospettiva del bene possibile presente pur tra tante difficoltà e il modello del poliedro di cui ci parla papa Francesco… così già nello stile della ricerca può emergere il riconoscimento del valore delle diversità e l’accoglienza incondizionata che sembrano essere lo scopo stesso della riflessione sul gender».

Qual è il ruolo dei cristiani? Quale proposta nasce dall’antropologia cristiana?
«L’antropologia cristiana mette al centro, come unico assoluto morale, l’essere umano concreto, sommo bene che non può mai essere sacrificato e riconosce l’importanza di relazioni gratuite, reciproche e amorevoli perché ogni singola persona fiorisca nella sua umanità, unica e irripetibile. Il nostro modello ideale è Cristo e la sua ricca umanità, libera dagli stereotipi socio-religiosi del suo tempo e rivoluzionariamente capace di farsi compagno di strada dei peccatori, accogliendo tutti. La comunità cristiana è chiamata a rendere visibile questo stile con gesti concreti di accoglienza e di inclusione, superando giudizi superficiali e sommari. A partire da qui, cioè dall’agire comunitario, sarà poi possibile impegnarsi in una riflessione che abbia per oggetto le relazioni, le differenze, i ruoli, le emozioni, la sessualità, le forme di convivenza e gli assetti istituzionali, pubblici ed ecclesiali. E in questi campi il gender ha molto da farci scoprire…».

In particolare, assumono un ruolo determinante quanti operano nel campo dell’educazione delle nuove generazioni, in un tempo di “emergenza educativa” proprio sui temi dell’affettività e della sessualità, dove c’è molta confusione. La Congregazione per l’educazione cattolica nel 2019 ha pubblicato il documento Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione. Quale via adottare, quale ambiente creare per rapportarsi con le inquietudini, e anche le incomprensioni, sul tema del gender?
«Il documento della CEC è un vademecum indispensabile per tutti gli educatori da cui partire perché riconosce elementi positivi del gender e ovviamente mette in luce anche gli aspetti problematici, che ci sono! Inoltre, invita ad assumere atteggiamenti proattivi nei confronti della categoria, attraverso l’ascolto attento, il ragionamento critico e la proposta educativa adeguata e precisa. È evidente che per fare questo e soprattutto strutturare proposte educative serie, si richiede una formazione approfondita – come quella che ad esempio verrà proposta dalla Facoltà teologica del Triveneto – perché non è sufficiente accontentarsi di una conferenza, qualche articolo di giornale o pagina web: i gender studies sono una galassia complessa che merita di essere di essere esplorata con rispetto e apertura mentale. Lo studio è il primo antidoto contro paure, inquietudini e incomprensioni, e anche lo strumento per confrontarsi in modo costruttivo e critico con quelle posizioni che propongono modelli disumanizzanti non corrispondenti al vero bene delle persone».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)