Chiesa e pandemia 4 – La pandemia e il sacramento dell’unzione degli infermi

Pubblichiamo una sintesi dell’intervento di Fabio Frigo al seminario “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Un virus? Pandemia, fragilità e chiesa” (19 novembre 2021 – vai alla presentazione – vai alla sintesi dei contenuti) che ha coinvolto cinque istituzioni accademiche teologiche italiane (due Facoltà teologiche: del Triveneto e dell’Emilia Romagna; e tre Istituti superiori di Scienze religiose: di Padova, della Toscana e dell’Emilia) nella ricerca di elaborare, all’interno della vasta “letteratura Covid”, una riflessione sul modo cristiano di affrontare la fragilità e il dolore, che dal punto di vista teologico-pastorale riesca ad assumere il contesto, le prassi, le istanze e le sfide emerse per la chiesa in questo tempo.

La pandemia e la sua ambivalenza

La situazione di pandemia, che purtroppo ancora stiamo vivendo, ci ha colto di sorpresa. È stato un evento inatteso. Mai avremmo immaginato di dover vivere un tempo così difficile, complesso e complicato, quasi logorante per il suo prolungarsi oltre un inizio che pensavamo di poter superare nel giro di qualche mese. Come per tante cose che ci capitano nella vita, è difficile, anzi direi quasi impossibile, esprimere un giudizio univoco. Tutto ciò che ci capita tra capo e collo si lascia guardare da diverse prospettive, suscita molteplici interpretazioni: ogni evento è ambivalente. La pandemia, da una parte, ha costretto anche la chiesa, come la società civile, a fare i conti con una serie di restrizioni. Mi riferisco, in modo particolare ma non esclusivo, a quelle limitazioni che hanno ferito così in profondità la vita liturgica delle nostre comunità cristiane: la sospensione della celebrazione quotidiana e domenicale dell’Eucaristia, l’impossibilità di accostarsi personalmente al sacramento della penitenza o di celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana hanno fatto venir meno nelle comunità cristiane uno degli elementi essenziali che costituiscono la vita e l’identità della chiesa. Dall’altra parte, non possiamo nasconderci come le difficoltà vissute in questo tempo stanno spingendo alcuni pastori e fedeli a immaginare una ripartenza non come se nulla fosse avvenuto, quanto piuttosto a ripensare la vita delle comunità cristiane sollecitati da quanto vissuto, e così a riscoprire linguaggi e gesti della fede dati per scontati, anche mezzi di comunicazione finora inusati, e perfino ministeri lasciati in ombra o del tutto impensati. Ad esempio, la pandemia è stata l’occasione propizia per recuperare la terza forma del sacramento della penitenza, ovvero quella forma del “fare penitenza” che seppur limitata da disposizioni canoniche, de facto è presente e prevista dal Rituale, ma finora rimasta inutilizzata. In qualche comunità parrocchiale ci si è interrogati – venendo meno l’incontro domenicale – sulla necessaria dimensione familiare della vita e della preghiera cristiana, e la riscoperta dei gesti della vita quotidiana quali elementi già intrisi di vangelo (l’ascolto, il silenzio, la condivisione dei pasti, il faticare insieme…).

Il gesto simbolico dell’unzione degli infermi

La pandemia ha rimesso anche i credenti cristiani di fronte alla dimensione costituzionalmente limitata, fragile, davvero precaria della vita e, in particolare, della salute (sia essa corporale o psicologica/spirituale). Molto su tutto questo è stato scritto e ancora si discute. Ci limitiamo a sottolineare come questo tempo potrebbe rappresentare un’occasione favorevole per riscoprire parole e gesti che costituiscono la risposta della chiesa all’esperienza estremamente delicata della malattia. Non ci riferiamo evidentemente alle riflessioni teologiche o pastorali che riempiono riviste o libri specializzati in materia, e neppure alle tante esortazioni pie sul valore della sofferenza per il cristiano. La chiesa si accosta al malato sofferente non con ragionamenti o ingiunzioni morali – l’uno e l’altro non servirebbero molto – bensì con un gesto di con-tatto concreto, fisico, corporeo: il sacramento dell’unzione degli infermi. Relegato ai margini della prassi ecclesiale a causa di una passata comprensione un po’ ingombrante (il suo riferimento quasi univoco al momento del trapasso), il gesto simbolico dell’unzione intende offrire in realtà un’incastonatura all’enigma della malattia e della sofferenza secondo il senso che proviene dal mistero della Pasqua. Come la malattia ci consegna alla cura e alle mani degli altri, così il sacramento dell’unzione spinge a quell’atto – certamente non spontaneo e immediato – di affidamento, di ri-consegna del credente nelle mani Dio, unica fonte e vera destinazione della nostra libertà. Il con-tatto delicato dell’unzione, il linguaggio evocativo e invocativo del sacramento aprono l’esperienza della malattia alla forza di Colui che può salvare e il corpo e l’anima; e rendono vicina la presenza del Signore in un passaggio critico e pericoloso anche per la fede del credente. In un contesto culturale odierno che tende a emarginare l’esperienza della malattia ai confini della vita ordinaria o a cercare una sua soluzione unicamente sul piano delle cause, e meno su quello meta-fisico del senso, l’umile gesto dell’unzione degli infermi pone il malato al centro dell’attenzione e della cura della chiesa. In questo senso, il malato non è solo “oggetto” o destinatario dell’azione ecclesiale, ma anche vero e proprio portatore di Vangelo: egli annuncia la buona notizia di un Dio che ha un debole… per i deboli. La pandemia, forse, ci ha resi più sensibili verso l’esperienza della fragilità e la coscienza del limite. Anche la chiesa può lasciarsi interrogare e trovare nuove forme (gesti, parole, iniziative, ministeri…) che dicano la cura concreta verso le membra di Cristo che ancor oggi soffrono, e lasciarsi in questo modo ancora evangelizzare.

Fabio Frigo
docente di Sacramenti
Istituto superiore di Scienze religiose di Padova

Tutti i contributi al seminario:
Chiesa e pandemia 1 – Corpo, fragilità e chiesa al tempo del coronavirus, di Angelo Biscardi
Chiesa e pandemia 2 – Forza nella debolezza: il nesso creazione/croce in Paolo (1-2Cor), di Maurizio Marcheselli
Chiesa e pandemia 3 – La cura degli ammalati nel contesto antropologico ed ecclesiale contemporaneo, di Dario Vivian
Chiesa e pandemia 4 – La pandemia e il sacramento dell’unzione degli infermi, di Fabio Frigo

(Facoltà Teologica del Triveneto)