L’AMORE CHE DIVENTA FECONDO

Accogliere l’amore: è l’unica via

La donna come collaboratrice della Creazione assieme a Dio è portatrice di un grande dono e una grande responsabilità; mi colpisce quando papa Francesco scrive: «A ogni donna in gravidanza desidero chiedere con affetto: abbi cura della tua gioia, che nulla ti tolga la gioia interiore della maternità. Quel bambino merita la tua gioia. Non permettere che le paure, le preoccupazioni, i commenti altrui o i problemi spengano la felicità di essere strumento di Dio per portare al mondo una nuova vita» (AL 171). Mi rendo conto che anche nella mia esperienza personale ci sono stati dei passaggi di “accettazione” della maternità non scontati, non immediati… perché, diciamocelo, a una donna una gravidanza cambia tanto! Cambia il corpo, cambiano le emozioni, cambia la percezione di sé come donna, i sentimenti e tutto in sole quaranta settimane! Nelle tante donne che incontro nella mia professione ogni giorno, si percepiscono molteplici modi di affrontare e vivere questo passaggio e talvolta è evidente che non tutte sono sostenute da un marito/compagno che scelga di stare, di attraversare al loro fianco questo cambiamento. Tocco con mano quotidianamente la vita che nasce, con lo stupore e spesso la commozione di quanto essa rimanga un miracolo. Di quanto piccoli siamo di fronte a un cucciolo che nasce, piange per la prima volta e si affaccia alla vita da affidato alle cure di chi lo sta attendendo. Perché è solo questo che può fare: accogliere l’amore.
Ogni donna partecipa «del mistero della creazione, che si rinnova nella generazione umana» (AL 168). E a noi donne è chiesto questo grande atto di donazione, di “fare spazio” a ciò che è altro rispetto a noi, nel corpo e nella mente, anche in quelle situazioni in cui l’essere collaboratori di Dio nella creazione può sembrare un assurdo, qualcosa accaduto per caso. Dio, che è stato concepito uomo e nato fuori dagli schemi, è il primo che collabora con la donna, che ama quella vita fin dal pensiero. Un altro passaggio che viene richiesto a noi donne è di condividere tutto il nostro vissuto con la persona che ci sta accanto, perché solo insieme possiamo essere Volto di Dio per i nostri figli.
«L’individualismo di questi tempi a volte conduce a rinchiudersi nella sicurezza di un piccolo nido e a percepire gli altri come un pericolo molesto. Tuttavia, tale isolamento non offre più pace e felicità, ma chiude il cuore della famiglia e la priva dell’orizzonte ampio dell’esistenza» (AL 187). È chiaro che nelle nostre comodità a volte ci stiamo bene! Ma la sfida di “uscire” e farsi prossimi a chi ha bisogno, soprattutto quando non ne abbiamo voglia, può essere ricchezza per una famiglia e per i figli che la vivono.
Sposati da undici anni e mezzo e con quattro figli, viviamo una quotidianità bella intensa e piena di tante cose da fare-incastrare-gestire con pazienza ed energia. Abbiamo sempre percepito l’importanza di mettere dentro a tutta  questa “giostra” la presenza di Dio o, meglio, di riconoscerlo proprio come il motore, per non perdere il Senso di ciò che siamo chiamati a fare ogni giorno. Non sempre è immediato farlo. Ci sono stati momenti della vita (nascita dei figli, dinamiche con le famiglie d’origine, lavoro, ecc.) in cui con maggior fatica abbiamo dovuto attingere a Lui per non perderci.
Da un anno a questa parte abbiamo iniziato un tempo nuovo in cui siamo a “servizio” della mamma di mio marito, con fatiche ma anche momenti di bellezza che i nostri figli sono capaci di farci notare e apprezzare. Anche questo significa sperimentare la felicità che apre il cuore all’orizzonte ampio dell’esistenza, all’amore che diventa fecondo.

Fraternità tra famiglie adottive e affidarie

Uno spazio di condivisione

È ormai il quarto anno che l’ufficio diocesano di Pastorale della famiglia propone incontri tra famiglie che hanno dei figli in affido o adottivi e aperti a coppie interessate a conoscere questo tipo di esperienze. Negli scaffali dell’ufficio, però, del materiale raccolto per dare inizio a questi incontri risale già ai primi anni del 2000, segno di un’attenzione presente da tempo. D’altra parte, «la scelta dell’adozione e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale» (AL 82). Attualmente vengono proposti tre incontri annuali; non sono previsti particolari interventi formativi o di contenuto tenuti da esperti, ma piuttosto delle condivisioni fraterne del vissuto su alcuni aspetti tipici della genitorialità affidataria o adottiva, riletto alla luce della Scrittura. Questa scelta è chiara sin dagli inizi: l’equipe che coordina gli incontri, formata da genitori che vivono in prima persona l’esperienza, dal presbitero e dalla religiosa dell’ufficio diocesano, crede che la famiglia affidataria o adottiva custodisca un ricco patrimonio umano e spirituale che, ulteriormente coniugato con la Parola di Dio, può diventare un nutrimento sostanzioso per custodire e valorizzare il proprio percorso. Un contributo del genere sembra quello più opportuno accanto ad altri già offerti da diverse associazioni, quelle con cui le coppie hanno realizzato il proprio percorso e altre, ma anche accanto alle diverse proposte formative vissute dalle famiglie con figli naturali all’interno del
territorio e della comunità cristiana. «Una famiglia non basta per un figlio: per crescere e vivere ha bisogno di una comunità che lo accolga e lo ami senza misura» scrive un partecipante. E perché un figlio trovi questo nutrimento è necessario che la sua intera famiglia sia aperta all’incontro fiducioso e fraterno con altre, come avviene in questi appuntamenti e nella vita feriale delle comunità. Il prossimo incontro si tiene sabato 19 febbraio pomeriggio.

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(Diocesi di Padova)