Donne e teologia: pensiero, pratiche, ministeri

Negli ultimi decenni ha sempre più destato interesse l’indagine sui rapporti tra il femminile e la teologia, anche grazie a un sempre più attivo – anche se ancora minoritario – coinvolgimento delle donne negli ambiti di studio e di ricerca teologica.

Nel campo della storia della spiritualità sono stati avviati suggestivi filoni di approfondimento sull’apporto delle donne alla vita della chiesa: basti pensare, ad esempio, alla vitalità in questo senso del periodo medievale con – accanto alle forme di vita religiosa più istituzionalizzata – le esperienze delle mulieres religiosae e delle beghine. Donne fuori dal chiostro, nei contesti urbani, praticano la lettura e il commento della Parola di Dio, si organizzano in maniera autonoma riconoscendo tra loro una magistra, sono attive in opere di carità, vivono del proprio lavoro, rivendicando uno stile di vita cristiana indipendente dal controllo maschile e proprio in forza dell’esperienza dotato di una sua autorevolezza.

Uno spaccato di vita ecclesiale altrettanto affascinante è quello – che ormai annovera numerosi convegni e, a riguardo, una nutrita bibliografia – dei monasteri delle clarisse dell’Osservanza: veri e propri centri di cultura, fanno emergere dal silenzio originali personalità di monache scrittrici, puellae licteratae, che fanno teologia, elaborando linguaggi alternativi a quelli delle scuole teologiche, evocando a parlare di Dio anche il mondo degli affetti.
Gli esempi potrebbero continuare, citando personalità del calibro di Teresa d’Avila, grande riformatrice del Carmelo, ma anche profetesse e visionarie, da Idelgarda di Bingen a Brigida di Svezia e Caterina da Siena, dotate di straordinaria parresia nei confronti del potere politico e clericale, o ancora Angela Merici, che avviò una rivoluzionaria opera di educazione a favore delle ragazze e una profetica forma di vita consacrata a Dio nel mondo, sino ad arrivare a tempi più vicini a noi, cogliendo la recezione da parte delle donne delle istanze del femminismo cristiano del Novecento e delle prospettive del Vaticano II cui parteciparono come uditrici tredici laiche e dieci religiose.

Mettere a tema il rapporto tra donne e teologia significa, quindi, focalizzare non tanto una questione emancipazionista né fermarsi sul piano delle rivendicazioni, quanto – piuttosto – pensare andando alle radici, al fondamento, maschi e femmine in dialogo, della varietà dei ministeri nella chiesa, puntualizzando la specificità degli apporti, delle visuali, per maturare un’attenzione autentica, non parziale, ai segni dei tempi.

In che modo la cultura contemporanea sfida il femminile e il femminile cristiano? È un interrogativo che emerge in diversi interventi di papa Francesco e che certo non è più tempo di sottovalutare.
È una questione che il pontefice include tra le sfide ecclesiali enunciate dall’Evangelii gaudium: al n. 103 dell’enciclica il papa afferma infatti che la chiesa «riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un’intuizione e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo particolare, anche se non esclusivo, nella maternità», ma che «c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella chiesa. Perché “il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo” e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella chiesa come nelle strutture sociali». Nel medesimo documento, al n. 104, il vescovo di Roma nota inoltre che le «rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne, a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la medesima dignità, pongono alla chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere. Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo Sposo che si consegna nell’Eucaristia, è una questione che non si pone in discussione, ma può diventare motivo di particolare conflitto se si identifica troppo la potestà sacramentale con il potere».

La parola e l’azione delle donne chiedono che vengano attivati processi che riconsiderino la diakonia femminile nella chiesa nella comunione di carismi che è il popolo di Dio, nel quale lo Spirito incessantemente opera per ri-formare, ossia per rimettere al centro della vita cristiana la chiamata di tutti – maschi e femmine – ad assumere la forma di Cristo.

Marzia Ceschia
docente di teologia spirituale
e del corso Donne e teologia: pensiero, pratiche, ministeri 
Facoltà teologica del Triveneto

Foto da Pixabay.com

(Facoltà Teologica del Triveneto)