Amore e giustizia, un connubio fecondo

L’autentico discernimento della realtà familiare (anche nelle sue fragilità) non è primariamente un atto intellettuale (morale e canonico) ma relazionale-affettivo (che chiama in causa l’accompagnare e l’integrare), altrimenti cadrebbe in discernimento legalistico. Richiamando la novità introdotta da Amoris laetitia nel metodo del discernimento pastorale con la scansione “accompagnare, discernere, integrare”, il preside della Facoltà teologica del Triveneto, Andrea Toniolo, ha avviato il convegno ‘Amore e giustizia voglio cantare’: la giustizia profezia della chiesa. Il caso del rapporto tra teologia e diritto alla luce dei dibattiti suscitati da Amoris laetitia (11 marzo 2021 – video disponibile sul canale YouTube e sulla pagina Facebook della Facoltà).
Un evento – ha sottolineato Benedict Ejeh, preside della Facoltà di Diritto canonico San Pio X di Venezia – che giunge a conclusione di un percorso seminariale avviato dalle due istituzioni accademiche nel 2017 come servizio per le chiese del Triveneto.

Amore e giustizia: temporalità e dimensione morale dell’uomo.
Considerazione sul rapporto fra morale e diritto

Amore e giustizia si appartengono intimamente; tenerli uniti tuttavia è faticoso. «È in tale fatica, però, che possiamo ravvisare quella fedeltà all’uomo che è compito fondamentale della chiesa – ha affermato Giuseppe Mazzocato, docente di teologia morale alla Facoltà teologica del Triveneto –. Una fedeltà alle reali condizioni dell’essere umano, al suo costituirsi, crescere, salvarsi o dannarsi, ritrovarsi dopo essersi perduto, a cui la chiesa è continuamente richiamata dal mistero dell’incarnazione». Categoria fondamentale per leggere il rapporto fra morale e legge è la dimensione del tempo, di cui papa Francesco ha decretato la superiorità rispetto a quella dello spazio. «Se consideriamo l’attività giuridica dal punto di vista della temporalità, quella penale in particolare, – ha spiegato Mazzocato – notiamo che essa è naturalmente rivolta al passato o a quanto è accaduto, più che al futuro. Il futuro dell’imputato non può tuttavia prescindere dalla verità processuale, la quale però gli sarà utile se accompagnata dalla fiducia e da nuove possibilità di cambiamento. Nella valutazione della nullità del matrimonio, ad esempio, il giudice è chiamato a valutare eventi passati (la libertà delle persone nell’esprimere il consenso matrimoniale, la loro volontà a costruire un’unione di vita e a desiderare di avere dei figli…) ma la decisione del giudice ha grande rilevanza anche per il futuro delle parti in causa, pure se non sarà lui ad occuparsene e tuttavia non potrà neppure ignorare o restare indifferente al futuro di una vita coniugale da poter vivere evangelicamente con una partecipazione attiva alla vita ecclesiale. Anche il governo nella chiesa avviene tramite la legge, ma il modo di concepirla e di usarla muta».
Anche la figura del discernimento si specifica in rapporto al tempo. Il discernimento – ha puntualizzato – non sostituisce, mitigandola, la funzione del giudizio ma pone al centro la condizione temporale dell’uomo, i suoi “tempi” e si qualifica come una funzione specifica, diversa dal giudizio di natura giuridica, volta alle disposizioni profonde della persona. La dimensione del “tempo” pone infatti in evidenza l’aspetto motivazionale degli atti umani». Si inserisce qui l’appello alla misericordia, frequente nelle parole di papa Francesco, come richiamo all’attenzione verso la fragilità dell’uomo e atto di fiducia nel suo futuro, ma non solo. «La misericordia va oltre il giudizio, non per superarlo, ma per ottemperare a quel fine a cui il giudizio stesso è indirizzato: salvare la persona. L’amore alla legge è sempre subordinato all’amore verso ogni vita, la cui salvezza non può essere limitata dalla legge del sabato e da nessun’altra legge. Se così accade, significa che al comandamento di Dio si sono sostituite leggi umane, anche se promulgate dall’autorità religiosa. L’appello alla misericordia – ha concluso – non viene dunque a correggere la giustizia, ma a richiamare una maggiore fedeltà all’uomo e ai suoi “tempi”, a cui da sempre corrisponde il modo di agire di Dio».

Il nuovo ruolo assunto dalle chiese locali e dai loro vescovi.
Tra possibilità che si aprono e problemi che emergono

Una lettura di tipo ecclesiologico di Amoris laetitia è quanto ha proposto Roberto Repole, docente di teologia sistematica alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – sezione di Torino. L’annuncio di quello che papa Francesco chiama il “vangelo della famiglia” si colloca nell’orizzonte del superamento di una visione “universalista” di chiesa, a favore delle chiese locali: un annuncio del vangelo – e della misericordia di Dio che è cuore pulsante del vangelo –, capace di coinvolgere le persone, nella loro singolarità e nella cultura dentro cui vivono, non può che avvenire da parte di una chiesa che esiste in un luogo determinato.
In particolare la parrocchia, cellula della chiesa locale, è il soggetto più immediato dell’annuncio del vangelo della famiglia, che non si limita alla preparazione del matrimonio ma riguarda l’iter delle famiglie, nella loro variegata vicenda e nella diversità delle situazioni.
«L’assunzione di centralità delle chiese locali in ordine alla trasmissione del vangelo – ha affermato Repole – si evidenzia, poi, quando si rifletta sul fatto che il vangelo è visto come ciò da cui si può scorgere quanto ha a che fare con esso, anche laddove ciò non si dia in tutta la sua pienezza: nelle situazioni di matrimonio naturale, nelle convivenze, in chi ha contratto matrimonio solo civile o nei divorziati risposati». Si inquadra in questo orizzonte l’invito al discernimento delle singole situazioni proposto nel cap. VIII di Amoris laetitia. Anche qui «è chiamata in causa ogni singola chiesa, nella quale al vescovo sembra competere di dare degli orientamenti e ai presbiteri di accompagnare nel discernimento».
Repole ha segnalato quindi alcune questioni aperte, fra cui la necessità di ripensare il rapporto tra un’ecclesiologia che si muova in questa direzione e la normativa canonica, in particolare la possibilità di una normativa locale. «In realtà sembra esserci, per così dire, una riforma più radicale che è forse richiesta: quella che porta a pensare a uno strumento legislativo valido per tutti i cristiani, capace di legiferare su quanto è comune a tutti e che, proprio per questo, non potrà che essere snello; e che induca alla produzione di strumenti legislativi capaci di regolare la vita di singole chiese, di comunità al loro interno e di gruppi di chiese, affinché nella concretezza di queste forme di chiesa si realizzi per degli uomini concreti l’unità e la riconciliazione offerte da Dio in Cristo e affinché tali chiese siano a servizio della unificazione e della riconciliazione dell’umanità che vive in quel contesto». Un’altra grande tematica è la questione, teologico-pastorale prima e normativa poi, dell’interpretazione del ministero del vescovo e dei presbiteri all’interno della chiesa locale.
«In ogni caso – ha concluso Repole – ciò che Amoris laetitia lascia trasparire in maniera netta è l’importanza da cui sono investite ormai le singole chiese locali: è solo attraverso una loro più autentica e piena soggettualità che la novità delle proposte di questo documento può trovare concretezza».

Le riforme ecclesiali avviate da Amoris laetitia: prospettiva canonista

Nella prospettiva canonistica «la novità principale introdotta da Amoris laetitia non riguarda tanto una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi, dallo stesso papa Francesco esclusa, ma piuttosto un “discernimento pastorale e personale” che tenga uno sguardo vicino e che aiuti i fedeli a vivere d’accordo con le esigenze del vangelo della famiglia» ha esordito Miguel Ángel Ortiz, docente di diritto matrimoniale canonico alla Pontificia Università della Santa Croce. La pastorale matrimoniale come “pastorale del vincolo” aiuta i coniugi sia a maturare l’amore sia a superare i momenti duri: «essa va tenuta presente nella preparazione alle nozze in un contesto sempre più scristianizzato, nell’accompagnamento delle coppie e in risposta alle situazioni di crisi, nella fragilità, soprattutto di quanti hanno visto infranta la speranza che avevano riposto nel legame coniugale».
Ortiz si è soffermato sulla necessità di migliorare la preparazione al matrimonio, di prevenire la nullità e di accompagnare nelle situazioni di crisi, «sia tramite l’accertamento dell’eventuale nullità – con la riforma del processo di nullità portata a termine con i motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus e la strutturazione di un’indagine pregiudiziale o pastorale – sia mostrando verso le famiglie ferite uno sguardo che aiuti ad accompagnare, discernere e integrare la fragilità».
Ciò che conta è cambiare lo sguardo. «La misericordia è la pienezza della giustizia – ha concluso Ortiz citando Amoris laetitia n. 311 – il che comporta che giustizia, verità e misericordia non si oppongono, ma si completano a vicenda». Questo sguardo nuovo non è tanto una riforma strutturale, bensì un atteggiamento nuovo verso i fedeli in fragilità, che chiedono non tanto un “certificato di onorabilità” davanti agli altri fedeli, ma piuttosto di essere aiutati a riconoscere ciò che il Signore gli chiede, i passi che sinceramente sono in grado di fare e soprattutto di non essere considerati come fedeli di “serie b”. A tutti i fedeli, divorziati o non divorziati, risposati o non risposati, è infatti chiesto lo stesso traguardo: la misura alta della santità; il percorso potrà essere più contorto, più difficile ma non può essere proposto di meno».

Matrimonio canonico ed esperienza giuridica contemporanea

Papa Francesco in Amoris laetitia n. 33 segnala il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto. «Nelle nostre comunità cristiane sembra avere attecchito questa forma di individualismo – ha commentato Giuseppe Comotti, docente di diritto canonico e diritto ecclesiastico nell’Università di Verona – che rischia di far diventare la crisi delle famiglie una crisi della famiglia intesa come istituzione».
In particolare, il processo di secolarizzazione del diritto delle società civili, che ha investito la società moderna, «ha inevitabilmente travolto il diritto di famiglia – ha spiegato – che sempre più si allontana da un modello tradizionale e istituzionale di matrimonio, per aprirsi a istanze personalistiche che, quando non rigettano il matrimonio in sé come scelta di vita, si traducono nell’esigenza di una più facile dissoluzione del vincolo, oppure nella parificazione giuridica dell’unione tra persone dello stesso sesso».
Nel suo intervento Comotti ha evidenziato come questo processo di secolarizzazione possa, da un lato, produrre anche nelle comunità cristiane modelli culturali e sociali lontani da quello canonico, con inevitabili riflessi circa la validità dei matrimoni contratti; dall’altro, ha considerato come il diritto canonico matrimoniale, che ha visto le recenti riforme del processo di nullità introdotte da papa Francesco nel 2015, possa costituire anche oggi uno strumento prezioso di annuncio della verità cristiana circa il matrimonio.
Richiamando le parole di Benedetto XVI nella sua prima allocuzione alla Rota romana, ha concluso: «Diritto e pastorale trovano il loro fondamentale punto d’incontro nell’amore per la verità; una verità che però non è mai astratta ma si integra nell’itinerario umano e cristiano di ogni fedele».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)