La Facoltà a servizio di una chiesa aperta e in dialogo

Qualità dell’insegnamento e qualità della ricerca sono i due pilastri fondamentali di una istituzione universitaria e il nuovo preside della Facoltà teologica del Triveneto, don Andrea Toniolo, intende puntare innanzitutto sul potenziamento di questi due aspetti durante il suo mandato. Si tratta in realtà di un ritorno, perché Toniolo la Facoltà l’ha vista nascere, nel 2005, come espressione di tutte le chiese della Conferenza episcopale del Triveneto, che hanno deciso di rispondere insieme alle nuove sfide culturali e pastorali, e l’ha poi guidata fino al 2012, quando è stato chiamato a Roma come responsabile del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose della Cei.

Il ritorno a Padova avviene in un momento segnato dall’emergenza Covid, che tuttavia non ha fermato la vita accademica, poiché le lezioni da marzo a maggio scorso si sono svolte online e il personale ha lavorato in smartworking. «C’è però il desiderio ora, da parte sia degli studenti che dei docenti, di ripartire ricomponendo la comunità accademica in presenza, perché le relazioni, insieme alle lezioni, fanno parte della formazione accademica – spiega il preside –. Quindi faremo tutti gli sforzi possibili in questa direzione, ma cercheremo anche di valorizzare e di integrare la didattica a distanza come via complementare e per dare la possibilità a eventuali uditori impossibilitati a partecipare in presenza di seguire alcuni percorsi formativi».

Don Andrea Toniolo, questo tempo genera sfide ma anche opportunità, in un contesto culturale in rapida trasformazione.
«Le sfide e le opportunità che la Facoltà ha davanti sono legate ai nuovi contesti culturali che hanno sempre di più un respiro internazionale (i movimenti dei popoli, il dialogo tra le religioni…) e anche alle trasformazioni religiose ed ecclesiali (i cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo della fede e nelle realtà pastorali). Da una parte si avverte una maggiore autonomia del soggetto, anche nel campo religioso, e dall’altra parte c’è un distacco maggiore rispetto alle forme istituzionali della fede quali la pratica sacramentale o il legame con la parrocchia. Ci sono alcune realtà che la chiesa e la proposta della fede fa fatica a raggiungere, come la fascia giovanile e il mondo femminile».

Come risponde la teologia?
«Con la proposta di una formazione qualificata dei cristiani. I due percorsi – Teologia e Scienze religiose, disponibili nei 7 Istituti superiori di Scienze religiose e nei 5 Studi teologici dei seminari che la Facoltà mette in rete nel Triveneto – sono una risorsa fondamentale per questo particolare tempo della chiesa. Il cristianesimo nell’occidente, e anche nelle terre italiane e venete, è in grado di reggere le sfide della globalizzazione, dei nuovi movimenti culturali e delle trasformazioni religiose attraverso una più approfondita conoscenza della verità cristiana nel suo respiro biblico e nella sua dimensione dialogica. Il cristianesimo è credibile nella misura in cui riesce a dialogare con la cultura attuale postmoderna e con le altre religioni».

Quale servizio offre la Facoltà teologica alle chiese locali?
«La Facoltà ha l’obiettivo di rispondere alle nuove attese che emergono dalle realtà pastorali a livello di catechesi, di educazione religiosa, di riorganizzazione della chiesa nel territorio, e anche di formazione di ministerialità affidate ai laici».

Il nuovo documento della Congregazione per il clero “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della chiesa” ribadisce l’importanza di una conversione pastorale delle comunità parrocchiali. In concreto, che cosa significa?
«Facendo eco a Evangelii gaudium di papa Francesco, possiamo dire che ciò significa formare comunità aperte, non rinchiuse in se stesse e preoccupate di salvare le strutture, ma proiettate a testimoniare il vangelo, con la vita e con la sapienza che viene dalla formazione, fuori del circuito parrocchiale».

Ci sono però ancora dei limiti a questo slancio…
«La formazione teologica dovrebbe proprio aiutare a superare i due limiti che caratterizzano ancora le realtà pastorali, cioè l’autoreferenzialità e il clericalismo. Ciò è possibile attraverso un confronto serio con le nuove condizioni sociali, culturali e religiose e una piena valorizzazione della dignità battesimale dei laici».

Qualche esempio concreto di corsi utili alla formazione dei laici?
«Nel ciclo di licenza una proposta riguarda la formazione dei formatori, come animatori di parrocchia, coordinatori della pastorale giovanile, responsabili di oratori… con la finalità di preparare figure competenti che, in corresponsabilità con il ministero ordinato, rispondano alle nuove sfide dell’inculturazione della fede. Due seminari-laboratori del ciclo di licenza puntano sui nuovi linguaggi della fede, per una pastorale che sappia rinnovarsi a partire dall’esperienza Covid-19, e sulla figura dell’adulto, fra maturità umana e spirituale. E ancora ci sono corsi su giovani e vangelo, abuso spirituale, dialogo interreligioso, inculturazione della fede… Corsi e seminari si possono frequentare singolarmente come studenti uditori; la didattica sarà mista, con la possibilità anche di seguire alcune proposte online per allargare il più possibile la partecipazione delle persone interessate».

I titoli accademici ecclesiastici in teologia e scienze religiose godono ormai del riconoscimento civile. Quali nuove opportunità si aprono?
«La corrispondenza con le lauree del mondo universitario laico significa che, anche se la teologia non è all’interno delle università, come ad esempio in Germania, i nostri titoli hanno piena dignità. Per questo i giovani non devono avere timore a investire in questa avventura formativa. Tanto più che l’insegnamento della religione rimane ancora una richiesta della maggioranza degli alunni delle scuole, per cui c’è e ci sarà necessità di formare dei bravi insegnanti di religione».

Il periodo di studio e ricerca che ha di recente trascorso in India e Thailandia che cosa le ha lasciato?
«Mi ha colpito la vitalità delle comunità cristiane in paesi che sono a maggioranza non cristiana. Queste realtà sono contrassegnate da una forte dimensione religiosa e spirituale e da una crescita progressiva del cristianesimo, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo. Ciò significa che i baricentri del cristianesimo si stanno spostando verso il sud del mondo e quindi non è più pensabile e non è più credibile una chiesa, un nuovo cristianesimo solo di tipo occidentale».

Questo cristianesimo sempre meno eurocentrico quali attenzioni richiama per la formazione teologica?
«Innanzitutto chiede uno sguardo costante verso la nuova configurazione mondiale universale della chiesa. È necessario cioè il dialogo con le chiese degli altri continenti, di cui d’altra parte la Facoltà è già segno attraverso la presenza di numerosi studenti non europei provenienti da altri paesi: africani, latinoamericani, asiatici. Inoltre domanda il dialogo con le altre religioni, perché un credente non può dire di conoscere bene la propria religione se è l’unica che conosce».

La Facoltà teologica come risponde a queste nuove dimensioni?
«Ad esempio con la proposta di una summer school in Thailandia per gli studenti dei vari Istituti della rete della Facoltà, in collaborazione con gli uffici missionari delle diocesi del Triveneto sul tema “Dialogo interreligioso e inculturazione della fede”. Era in calendario per quest’anno ma il Covid l’ha fatta rimandare all’estate 2021».

Accanto all’attenzione verso le realtà pastorali, la Facoltà ha sempre coltivato il dialogo con il mondo universitario laico.
«Da anni abbiamo in atto collaborazioni con le altre realtà accademiche del Triveneto, in particolare con gli atenei di Padova e Verona, con cui vigono convenzioni per lo scambio di docenti e studenti e per attività di studio e ricerca, aperte anche al pubblico. Il desiderio è di fare sentire sempre di più la nostra voce nel panorama accademico, oltre che in quello ecclesiale. Come ricorda papa Francesco in Veritatis gaudium, n. 3 “quella che emerge oggi di fronte ai nostri occhi è una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione”».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)