Padova: radici storico-culturali e modernità

Il progetto, promosso dell’Associazione culturale “Padova sorprende” con il contributo del Comune di Padova, prevede quattro conferenze di argomento padovano e vuole stimolare la memoria collettiva, suscitando in ciascuno un sentimento identitario, vivo, partecipato e costruttivo rispetto al contesto culturale cittadino e i valori presenti.
La città si offre come autentico scrigno d’arte e di storia, punteggiata da luoghi ricchi di cultura e di tradizioni, da palazzi, chiese, oratori, musei, biblioteche, costruiti lungo i secoli e testimoni perenni della civiltà qui radicata ed edificata. Le radici storico-culturali partono dall’antico e arrivano alla modernità, in un flusso determinato anche da rotture e discontinuità, (per es. i Longobardi nell’Alto Medioevo, oppure i decenni di sottomissione all’impero asburgico).

Musei Civici agli Eremitani – Sala del Romanino
piazza Eremitani 8
ore 17,30

ingresso libero fino ad esaurimento posti

21 ottobre 
Giuseppe Nigretti e Davide Cabianca
Il moderno nella pittura del ‘300 a Padova
Un percorso critico-conoscitivo attraverso una presentazione multimediale della nuova immagine pittorica della Padova trecentesca, che le ha permesso di essere inserita nel patrimonio mondiale dell’Unesco con il titolo di Urbs Picta.
Il nuovo stile artistico, in otto siti cittadini, è rappresentato dai cicli pittorici affrescati da sei artisti trecenteschi, che hanno lavorato a Padova per illustri famiglie come gli Scrovegni e i Carraresi, ed anche per il clero.
Il pittore, che in primis ha permesso e dato vita alla nuova cultura figurativa è stato Giotto, il padre della pittura italiana, che con gli affreschi della Cappella degli Scrovegni, la “Cappella Sistina del Medioevo”, soggetto principale della conferenza, ha rivoluzionato, attraverso la “pittura moderna”, il linguaggio pittorico bizantino/medioevale. La pittura di Giotto è caratterizzata, oltre da significati simbolici e metaforici, dalla rappresentazione di figure e strutture architettoniche realistiche e volumetriche, dove i personaggi, realizzati attraverso la ritrovata tecnica del chiaroscuro, agiscono esprimendo vari stati d’animo.
Nel 1300, a Padova, questo nuovo modo di intendere la rappresentazione pittorica è stato ripreso da diversi pittori, detti giotteschi, come Guariento di Arpo, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi e Jacopo da Verona.

4 novembre
Alessandro Tessari e Marta Celio
L’università patavina tra tardo Medioevo e Rinascimento
L’Università di Padova come teatro che scardina lo schema romantico di impianto tedesco, di un Medioevo barbarico e infernale di fronte ad un Rinascimento paradisiaco dove danzano la bellezza, l’umanità e la conoscenza.
La semplificazione pericolosa delle classificazioni ideologiche.
Il doloroso e drammatico passaggio dal Medioevo al Rinascimento non deve impedirci di vedere quanto di rinascimentale c’è stato nel Tardo Medioevo e quanto di barbaramente oscurantista e medievale c’è stato durante tutto il Rinascimento. E quanto l’oscurantismo medievale arrivi persino a metà del 1700. Nel secolo dei Lumi Isac Newton che dette all’Universo le leggi della meccanica, non pubblicò mai le sue ricerche alchimistiche per timore della persecuzione inquisitoriale.
Questa crisi troverà nella Università di Padova un osservatorio critico, coraggioso. Dove filosofi e scienziati si sentivano, come ripeterà spesso lo stesso Galilei, protetti dalla potenza veneziana, dai rischi che i tribunali dell’inquisizione minacciavano contro ogni forma di ricerca libera.
Copernico dà inizio alla ‘rivoluzione copernicana’ col suo De revolutionibus pubblicata nel 1543, nell’anno della sua morte: non lo fece prima perché temeva di morire sul rogo, su quel rogo dove fu immolato Giordano Bruno il 17 febbraio del 1600 alla conclusione del secolo entro cui per troppo tempo abbiamo saputo leggere solo le cose che ci facevano piacere.
Keplero (1571-1630), grande matematico alla corte imperiale di Rodolfo II a Praga, dedicò gli ultimi sei anni di vita per difendere sua madre accusata di essere strega e destinata al rogo.
Giotto, Dante, Petrarca, Boccaccio confinanti cronologicamente nel tardo Medioevo sono certamente oggi riconosciuti come l’aurora del Rinascimento
Dunque, quanto Medioevo c’è nel Rinascimento e quanto Rinascimento c’è nel Medioevo?

12 novembre
Ornella Cazzador e Alessandro Cabianca
I poeti padovani e veneti dal 1500 a oggi
La Repubblica di Venezia, nei secoli di massimo splendore, è stata un centro di diffusione dell’arte e della cultura di valore assoluto, ad esempio con i primi libri a stampa ad opera dell’editore e umanista Manunzio e con una sua lingua, non un dialetto ma una lingua internazionale, parlata in tutto il Mediterraneo e in quasi tutte le capitali europee e dalle molte popolazioni che con Venezia commerciavano. Anche la poesia veneta dei secoli passati, tanto in lingua veneziana, quanto in italiano ha grandi poeti che hanno contribuito ad alcuni snodi fondamentali dell’evoluzione della poesia italiana ed europea.
Oltre a Venezia, con la riforma del melodramma di Apostolo Zeno, nel ‘700, a segnare lo sviluppo della poesia altre città hanno avuto dei momenti di eccellenza, in particolare Padova con personalità come Pietro Bembo nel ‘500, teorico della lingua e fondatore del petrarchismo, e il preromantico Melchiorre Cesarotti nel ‘700 o l’Ippolito Nievo del periodo garibaldino, Verona, nel ‘700, con i Poemetti didascalici, legati ai cenacoli dell’Arcadia o la Vicenza dell’ottocento con Fogazzaro, Zanella e Fusinato, quest’ultimo legato alle vicende della sconfitta della Serenissima come i molti poeti che si incontravano al Caffè Pedrocchi di Padova, anima della resistenza veneta contro l’Austria, punto d’incontro di intellettuali e poeti nel periodo risorgimentale.
Tutto questo inserito nel contesto biografico dei vari poeti: l’amicizia DaPonte/Casanova (gran traduttore di Omero), l’inimicizia, nel teatro e nella vita, tra Goldoni e Gozzi, l’importanza dell’Università di Padova, fondata nel 1222, tra le più antiche al mondo, polo di attrazione per alcune delle maggiori menti italiane ed europee e importante tanto nello sviluppo delle conoscenze, scientifiche e umanistiche, a partire dal tardo medioevo, quanto nel progresso economico e urbanistico dei territori.
Grandi personalità possiamo incontrare anche nel Veneto del ‘900 come Diego Valeri e, in tempi più recenti, Fernando Bandini, Luigi Meneghello e Andrea Zanzotto e molti altri poeti definiti minori che spesso sono minori soltanto per una critica disattenta. Per molti secoli furono la nobiltà e la chiesa a dare i più importanti uomini di cultura, letterati, critici e docenti, come Giacomo Zanella, per un breve periodo anche rettore dell’Università di Padova.

Scritture al femminile a Padova e in Veneto
Nella premessa alla sua opera antologica, A chi legge, (in Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo, Venezia 1726) la letterata, poetessa e arcade, Luisa Bergalli (Venezia, 1703-Venezia 1779) denuncia secoli di dimenticanza e subalternità delle donne: Vero è, a motivo di vecchia costumanza, per la quale a tutt’altro, che agli studi vengono le Donne applicate, quello nome di letterata così poco ad esse si conforma… Storicamente, l’arte delle donne è dunque stata consegnata alla rinuncia e denegata, in quanto diffusamente prevalse il pregiudizio, che in noi Donne non possa regnar
talento , onde nelle bell’arti distinguersi , e segnalarsi…
In quel secolo, non solo voci femminili intendono togliere la donna dall’oblio e dall’oscurità, ma anche voci maschili, come Apostolo Zeno (maestro della Bergalli) che a questo si era dedicato nei Canzonieri di Donne, e per Donne illustri. E Venezia non mancava di vivaci e colte rappresentanti femminili nella poesia: nel ‘500, i nomi di Veronica Franco e di Moderata Fonte risaltano in un fecondo confronto che le vede diversamente incisive nell’orizzonte culturale per carattere, costumi, ispirazione, scrittura. M. Fonte, in special modo, esalta l’opera delle donne nel dialogo: Il merito delle donne, ove chiaramente si scuopre quanto elle siano più degne e più perfette de gli uomini.
Sempre nel ‘500 brilla Gaspara Stampa (Padova, 1523 – Venezia 1554), e proprio Apostolo Zeno ne valorizza “le eccellenti Rime”, dedicate all’amore della sua vita, il nobile guerriero per cui soffre pene amorose. Un “canzoniere”, il suo, quasi un diario d’amore, nel quale la presenza-assenza dell’amato scandisce i suoi brevi giorni e la parola del dolore e del risentimento si fa estrema, muta, dolente, le voci rotte, e una condizione vissuta sul doloroso confine: tra viva e morta Amor mi tiene.
Di grande rilievo, sotto il profilo poetico, ma anche civile e culturale, e solo per citarne alcune, sono le figure di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, veneziana, la prima donna laureata, a Padova; la padovana Isabella Andreini, la vicentina Maddalena Campigli.
Alla Stampa, e al suo canzoniere viene accostata per le forti analogie, pur vivente tre secoli più avanti, la padovana Vittoria Aganoor (Padova, 1855- Roma, 1910) educata a un’idea aperta e inclusiva della cultura, in cui si mescolano le radici veneta e armena, permeata da influssi poetici di autori illustri del suo tempo (Giacomo Zanella, Scipione Maffei). Vivace animatrice del suo piccolo salotto culturale (padovano, veneziano, napoletano), spinta da un’ispirazione spontanea e diretta, tesse le trame della sua vita con i fili della poesia (Leggenda eterna, Nuove liriche) nelle quali filtra il suo immaginario poetico, espresso con fluidità e compattezza, insieme a una riflessione intensa e pensosa sull’ esistenza.

9 dicembre
Pier Luigi Fantelli e Alessandro Cabianca
Dai Canaletto nella Padova del ‘700 all’Isola Memmia
La trasformazione di Prato della Valle fu progettata da Andrea Memmo, Provveditore di Padova (1775-76), e attuata da Domenico Cerato nell’ambito di un più vasto progetto di riordino urbanistico della città, che non fu realizzato. La situazione precedente è fissata dalle vedute dei Canaletto, zio e nipote, realizzate all’inizio degli anni ’40 del Settecento, quella successiva dal progetto originale, documentato da Domenico Cerato, Francesco Piranesi e Vincenzo Radicchi, basato sulla realizzazione dell’Isola Memmia e il riordino ambientale e urbanistico del grande spazio di Prato della Valle, zona paludosa e insalubre, che fungeva da fiera e mercato bestiame: funzione ancora confermata nel XX secolo con la costruzione nel 1913 del Foro boario ad opera dell’ingegnere Alessandro Peretti.
I Canaletto, Antonio Canal e Bernardo Bellotto, “fotografarono” alla loro maniera la Padova del tempo, la zona del Portello, le mura, il Prato, con Santa Giustina e i palazzi insistenti sulla piazza prima degli interventi voluti dal Memmo: è evidente la depressione in cui si trovava la piazza, tanto da richiedere un radicale lavoro di riporto del terreno per alzarlo e di canalizzazione delle acque attraverso la geniale costruzione della canaletta e il meno geniale tombinamento del canale che da Pontecorvo arrivava, e ancora arriva, ma invisibile, all’Alicorno.
La grande piazza, che doveva nelle intenzioni del Memmo divenire il nuovo fulcro urbanistico di Padova, fu corredata di ben 78 statue di personalità, studiosi, nobili e Papi che vissero o operarono a Padova, ancora oggi al loro posto ad esclusione dei sei dogi che Napoleone fece distruggere quando conquistò la città.

(Padovanet – rete civica del Comune di Padova)