Le sette lettere dell’Apocalisse nel Libro e nell’arte

Le sette lettere dell’Apocalisse nel Libro e nell’arte sono state al centro dell’appuntamento del Festival biblico che si è svolto in Facoltà teologica del Triveneto, venerdì 27 maggio 2022. Sul tema Una comunità guarita per edificare la speranza sono intervenuti il biblista don Andrea Albertin, docente dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Padova, e Andrea Nante, direttore del Museo diocesano di Padova.

Don Andrea Albertin ha ribaltato la concezione più diffusa dell’Apocalisse, che la associa all’idea di una fine catastrofica della storia umana e del pianeta. «L’Apocalisse dà invece un messaggio di speranza – ha affermato –. L’Apocalisse toglie il velo sul desiderio e sul progetto divino di offrire salvezza all’uomo anche dentro i drammi della storia; annuncia una pienezza di beatitudine per il mondo ferito, che invoca la guarigione. Dio guida la storia con un progetto che non prevede l’eliminazione del male, ma lo attraversa, lo assume per depotenziarlo da dentro con l’amore». La sfida per la nostra chiesa è di appassionare l’uomo d’oggi al futuro che il vangelo desidera generare, un futuro guarito dal dono della speranza: Gesù morto e risorto. «Il potere della morte è stato sconfitto non con effetti speciali ma con l’umile accettazione da parte di Gesù della morte riempita di un senso: egli ha fatto della morte un dono d’amore». L’Apocalisse allora ci stimola a guardarci dalla logica del “tutto pieno” e dalla mentalità dell’euforia: «È un invito – sottolinea Albertin – a scoprire il vuoto come pienezza di una gioia che non siamo capaci di generare ma che possiamo ricevere come un dono». Guardando ai messaggi dell’Apocalisse alle sette chiese, e in particolare a quelle di Efeso e di Laodicea, il biblista ha evidenziato come il Signore le ami, le elogi, ma anche le rimproveri per le idolatrie interne alle comunità stesse, che sono quelle piaghe che oggi papa Francesco traduce nella mondanità spirituale, nelle maggioranze elevate a criterio di discernimento, negli slogan senza aggancio a un’esperienza concreta. «Sul bene si possono intraprendere percorsi di guarigione accogliendo la parola concreta che il Signore rivolge ogni settimana alle sue comunità. La sfida – ha concluso Albertin – lanciata a ciascuno di noi, alla chiesa tutta è: come posso far sì che la chiesa sia la “sposa senza ruga e senza macchia” da presentare al Signore?».

Le sette lettere dell’Apocalisse nell’arte sono state al centro dell’intervento di Andrea Nante, che attraverso le immagini ha mostrato come il linguaggio dell’arte nei secoli abbia risposto anche a una contestualizzazione dello stesso messaggio contenuto nel libro dell’Apocalisse. «Nel battistero della cattedrale, ad esempio, Giusto de’ Menabuoi raffigura luoghi della città di Padova per coinvolgere la comunità. È un messaggio che interpella non solo le comunità del Trecento ma anche le nostre oggi» ha spiegato. Nella storia il libro dell’Apocalisse è stato usato come strumento contro l’eresia in difesa dell’ortodossia nella Spagna occupata dall’isalm, come libro della resistenza cristiana e della riconquista; è stato sempre legato alla lettura di fenomeni contemporanei: terremoti, apparizioni di comete, guerre… Un cenno anche all’immagine mariana: la donna dell’Apocalisse che diviene l’Assunta e poi l’Immacolata. Questa evoluzione culmina nell’arte astratta, di cui Nante mostra la “Gerusalemme celeste” di David Simpson (1995) nella chiesa di San Fedele a Milano: «Tre pannelli monocolore, uno blu, uno rosso e l’altro in oro, a rappresentare una Trinità alla quale la vernice acrilica restituisce luci diverse con il variare della luce nell’ambiente e del sentire di chi guarda, per dire – conclude Nante – che la strada procede nella luce e non soltanto nel buio».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)