Comunicato stampa: discorso del sindaco Sergio Giordani in occasione del Giorno della Memoria

Porgo i miei saluti a tutte le autorità civili militari e religiose presenti, e naturalmente ai rappresentanti della comunità ebraica della nostra città.

Il giorno della memoria, nel quale ricordiamo la Shoah, che in ebraico significa “distruzione totale”, non riguarda solo il popolo ebraico, ma tutta l’umanità.

Non è un caso che si usi il termine hoah, appunto distruzione: quello che la criminale ideologia nazista aveva pianificato era il totale sterminio di tutti gli ebrei presenti in Europa e nelle aree di propria influenza.

Questo percorso aveva iniziato a prendere forma già prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, con le “Leggi di Norimberga” nel 1935 , che privavano gli ebrei della cittadinanza, e poi con la “Notte dei Cristalli” nel 1938 che aveva portato alla distruzione di sinagoghe e negozi e all’uccisione di centinaia di ebrei.

Nel 1939, anno nel quale anche in Italia furono approvate le vergognose leggi razziali iniziarono le deportazioni nei primi lager. Poi nel 1941 in concomitanza con l’avanzata delle truppe tedesche sul fronte orientale, cominciarono le fucilazioni di massa e nel 1942 iniziò quella che gli stessi nazisti definirono “soluzione finale” con il sistematico annientamento di tutti gli ebrei.

Uno sterminio di massa unico nella storia, non solo per il numero delle vittime ma anche per l’organizzazione e le modalità, che potremmo definire industriali, con cui la macchina della morte fu concepita.

E’ bene ricordare che il progetto di annientamento degli ebrei fu il punto di arrivo di un lungo percorso di violenza, discriminazione e segregazione che durò anni, fatto alla luce del sole, anzi pubblicamente promosso dal nazismo, e ben conosciuto non solo in Germania ma anche in tutta Europa, ma che non suscitò particolari prese di posizione né nei governi né nell’opinione pubblica dell’epoca.

Potrebbe accadere oggi una cosa simile? Non lo so e mi auguro naturalmente che una simile tragedia non accada mai più, ma certamente tutti noi dobbiamo mantenere alta la guardia, essere attenti a quello che accade attorno a noi, a leggere episodi che ci possono apparire minori ma che possano essere, al contrario, segnali di malessere della nostra società che non dobbiamo trascurare.

Sono rimasto scosso, l’altro giorno leggendo del bambino dodicenne, vicino a Livorno, insultato e coperto di sputi da due ragazzine poco più grandi di lui solo perché ebreo!

Devi bruciare nei forni, l’agghiacciante frase che gli hanno ripetuto più volte.

Non dobbiamo criminalizzare nessuno, ma non possiamo certamente derubricare un episodio come questo a semplice ragazzata e noi come adulti, come comunità, dobbiamo capire cosa c’è nella testa di quelle due quindicenni e purtroppo non solo nella loro perché le tracce di un antisemitismo, e di una violenza e di una nostalgia per quegli anni bui, emergono troppo spesso nella nostra società.

Nella risoluzione che fissa il 27 gennaio come “Giorno della Memoria”, le Nazioni Unite esortano a “sviluppare programmi educativi per infondere la memoria della tragedia nelle generazioni future e impedire che il genocidio si ripeta”.

Farlo non è difficile, basta crederci davvero.

E sono molto contento che una bella iniziativa del genere sia stata realizzata proprio qui a Padova.

Al termine di questa cerimonia infatti ci sposteremo prima davanti al Bo, poi in Via dei Fabbri per la posa di due pietre di inciampo dedicate a due ebrei padovani uccisi ad Auschwitz, Desiderio Milch e Paolo Levi.

Ebbene della vita di Paolo Levi si sapeva pochissimo.

Però grazie al progetto di ricerca promosso dalla Fondazione per il Museo della Padova Ebraica, e che ha coinvolto gli studenti del Tito Livio, del Nievo dello Scalcerle e del San Benedetto da Norcia di Montagnana, oggi molti passaggi sono stati ricostruiti e saranno oggetto di varie iniziative di divulgazione nelle prossime settimane.

Sono certo che tutti gli studenti che hanno partecipato a questo progetto adesso hanno certamente ben chiaro cosa sia stata la shoah.

Perché per capire, dobbiamo conoscere, e conoscere ci impedisce di dimenticare.

Noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere dopo quella tragedia e che non abbiamo un vissuto quei fatti abbiamo il dovere di mantenere per sempre viva la memoria.

Come quella di Elie Wiesel scrittore e premio Nobel per la pace 1986 che ricorda così la sua esperienza nel campo di sterminio:

“Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. (…) Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai”.

Non lasciamo che la memoria della Shoah, col tempo passa svanisca come quel fumo“.

Sergio Giordani

(Padovanet – rete civica del Comune di Padova)