Cannabis legale: quali sono i riferimenti normativi

Nel corso della seconda metà del 2021 si è riproposto il dibattito sulla legalizzazione della cannabis; ad alimentare ulteriormente la discussione, anche sul piano politico hanno contribuito le iniziative intraprese da Malta (che ha ufficialmente legalizzato la cannabis a scopo ricreativo) e Lussemburgo (dove il governo sta discutendo un provvedimento analogo a quello maltese). In aggiunta, anche il nuovo esecutivo tedesco pare intenzionato ad adottare un assetto normativo non dissimile da quello olandese, dove il consumo di cannabis è sostanzialmente depenalizzato.

Per quanto riguarda l’Italia, sono attualmente attivi due iter: uno è quello del testo base, atteso alla discussione alla Camera; l’altro è quello del referendum. Pur avendo scopi affini, le due proposte viaggiano su binari diversi. Intanto, dall’entrata in vigore della Legge n. 242 del 2016, si è aperto una sorta di spiraglio normativo, grazie alle nuove disposizioni riguardanti la produzione e la trasformazione della canapa. Contestualmente, si è sviluppato un mercato di nicchia, relativo ai derivati della cannabis legale: di seguito, vediamo qual è l’attuale quadro normativo di riferimento.

La legge per promuovere la filiera della canapa

La Legge 2 dicembre 2016, n. 242, entrata in vigore il 14 gennaio 2017, reca “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”. Tra le finalità primarie della legge vi sono “il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa” in quanto coltivazione utilizzabile per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, contrastare l’erosione dei suoli e bonificare siti contaminati.

In base a quanto stabilito dall’articolo 2, la coltivazione della cannabis sativa L. è “consentita senza necessità di autorizzazione”. Dalla canapa coltivata ai sensi di legge è possibile ottenere alimenti e cosmetici (nel rispetto delle normative di settore), semilavorati (fibre, canapulo, cippato, polvere, oli e carburante), materiale per il sovescio, la bioedilizia e la bioingegneria. Inoltre, la legge individua altri possibili utilizzi dei derivati della canapa, tra cui la produzione di “materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati”. La cannabis legale può infine essere adoperata per creare coltivazioni destinate al florovivaismo e a scopi didattici o dimostrativi.

Il decreto 4 novembre 2019 del Ministero della Salute

L’articolo 5 della Legge 242/2016 dispone che “con decreto del Ministro della salute,  da  adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti”.

Il decreto in questione è stato promulgato dal Ministero solo tre anni fa. Il provvedimento (“Definizione di livelli massimi di tetraidrocannabinolo (THC) negli alimenti”) del 4 novembre 2019 stabilisce che nei semi di canapa (anche solo triturati parzialmente) e nella farina che si può ricavare da questi ultimi, il contenuto massimo di THC consentito è pari a 2 mg per kg (ossia lo 0,2%). La stessa quantità è ammessa anche negli integratori alimentari mentre per l’olio di semi di canapa la soglia di tolleranza è di 5 mg/kg (0,5%).

I derivati della cannabis legale

Tra i derivati dalla cannabis legale ci sono alcuni prodotti denominati ‘light’ (marijuana e hashish), in quanto privi di effetti psicoattivi, per via del tasso estremamente basso di THC. Questi possono essere acquistati non solo presso negozi fisici rivenditori al dettaglio ma anche online, grazie ad e-commerce specializzati come www.prodotti-cannabis.it. Rivolgersi a canali trasparenti ed affidabili è molto importante quando si decide di acquistare prodotti di questo tipo, poiché consente di avere le necessarie garanzie circa la sicurezza e la conformità del prodotto (due requisiti fondamentali per per evitare ripercussioni tanto dal punto di vista legislativo quanto per evitari effetti indesiderati per la salute).

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