Amore e giustizia – 4. Diritto canonico e teologia pastorale: verso un nuovo connubio

Il convegno “Amore e giustizia voglio cantare”: la giustizia profezia della chiesa. Il caso del rapporto tra teologia e diritto alla luce dei dibattiti suscitati da Amoris laetitia (11 marzo 2021, on line – vai alla notizia) nasce da un percorso avviato qualche anno fa da Facoltà teologica del Triveneto e Facoltà di Diritto canonico San Pio X di Venezia che hanno voluto offrire alle chiese del Triveneto un contributo sul tema: Il servizio della chiesa verso le ‘famiglie ferite’. Il corso, in due edizioni, ha coinvolto 140 iscritti, singoli e famiglie, provenienti da tutto il Triveneto, per lo più già attivi in pastorale familiare nell’accompagnare coppie cristiane segnate da un legame matrimoniale spezzato.
«In non pochi casi l’unione matrimoniale – anche quella sigillata davanti a Dio e alla comunità cristiana – era risultata “fallimentare” con notevoli conseguenze per la vita personale e per la vita dei figli» spiega mons. Giuliano Brugnotto, docente di diritto canonico alla Facoltà San Pio X di Venezia e membro del comitato scientifico del convegno. «Con la celebrazione di due sinodi dei vescovi sulla famiglia (2014 e 2015), papa Francesco aveva invitato la chiesa ad accogliere queste situazioni ravvivando la missione di annuncio evangelico – il vangelo della misericordia – da parte dell’intera comunità cristiana. E il papa considerava la questione a partire dalla realtà per illuminarla con la Parola di Dio. In questo modo si poteva superare la percezione diffusa di giudizio negativo nei confronti di tante persone in questa condizione ferita».

Professor Brugnotto, che cosa si chiedeva alla teologia e al diritto?
«Da un lato alla teologia del matrimonio e della famiglia veniva chiesto di rileggere la realtà del matrimonio anche a partire dagli interrogativi che sorgevano da questa nuova situazione. Dall’altro il diritto canonico con la prassi dei tribunali ecclesiastici con operatori chiamati a valutare la nullità del matrimonio mediante una nuova prassi che papa Francesco aveva riformato con processi canonici più snelli maggiormente attenti alle persone e al loro cammino spirituale».

Il percorso sulle “famiglie ferite” ha permesso l’ascolto delle esperienze del territorio e la maturazione di una riflessione pastorale, che ora approda al convegno accademico. Qual è il fulcro della questione?
«Nei corsi che per due anni abbiamo tenuto presso la sede della Conferenza episcopale triveneta teologi, canonisti e pastoralisti delle due Facoltà hanno offerto un percorso per qualificare gli operatori pastorali, in particolare quelli degli uffici diocesani di pastorale familiare. Il convegno intende ora mettere a fuoco le questioni più rilevanti con un titolo evocativo: ‘Amore e giustizia voglio cantare’: la giustizia profezia della chiesa. Si tratta di comprendere come l’esperienza dell’amore uomo-donna possa ricevere luce dall’insegnamento di Gesù. L’annuncio evangelico sull’amore umano è capace di fecondare ogni realtà sociale e ogni cultura. Anche in questo nostro tempo è necessario vivere l’audacia dell’annuncio anche con nuove prassi ecclesiali. Il corso ha permesso di rileggere vicende coniugali e familiari e ha offerto l’opportunità di accogliere la testimonianza di coppie “ferite” ma desiderose di continuare a camminare nella fede con una presenza e un impegno nella comunità cristiana».

Diritto canonico e teologia pastorale: c’è bisogno di una maggiore armonizzazione?
«Il diritto canonico studia la normativa ecclesiale che, come è ovvio, è successiva alla vita. Tuttavia da quando la chiesa si è dotata di un “Codice” di leggi canoniche – da poco più di un secolo – si è progressivamente allargata la distanza dei fedeli e dei pastori dalle norme codificate. La mentalità più diffusa, infatti, accosta anche le leggi della chiesa alla maniera delle leggi secolari. Tutte le leggi sono un prodotto umano, ma quando si moltiplicano e diventano sempre più tecniche, risultano una sorta di sovrastruttura che ingabbia lo spirito umano e la storia degli uomini. I processi dei tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale, benché molto più celeri dei processi in ambito civile, risultavano troppo lunghi e poco vicini alle persone che chiedevano giustizia. Papa Francesco li ha voluti snellire per avvicinarli maggiormente alle necessità dei fedeli, chiedendo agli operatori dei tribunali di accompagnare con misericordia le persone per manifestare il volto materno della chiesa. Questo è soltanto un esempio di come il diritto canonico debba farsi attento alle situazioni pastorali concrete anche con prassi nuove e con linguaggi comprensibili agli uomini del nostro tempo. La teologia pastorale, partendo dalla prassi e dalle nuove sensibilità, può offrire strumenti interessanti al costante rinnovamento della scienza canonistica».

Qual è il nodo del rapporto fra diritto e pastorale?
«Il punto di incontro tra diritto e pastorale è il popolo di Dio. La scienza giuridica e la scienza teologica sono a servizio del popolo di Dio che cammina nel tempo verso il regno. Se alcune categorie giuridiche sono incomprensibili agli orecchi dei fedeli, vanno aggiornate. D’altro canto la pastorale per essere efficace ha bisogno di un orientamento, di alcune linee guida che il diritto può offrire».

Un esempio?
«Si pensi alla preparazione pastorale di coloro che chiedono di celebrare il matrimonio in chiesa. Nel trapasso dal secondo al terzo millennio è profondamente mutata la condizione di coloro che fanno una tale richiesta: una grande maggioranza di questi ha maturato esperienze di convivenza chiedendo ai pastori e alle comunità cristiane di adattare o radicalmente rinnovare le proposte di formazione e di annuncio».

Oggi sono forse le unioni dopo un matrimonio fallito a richiedere nuova attenzione.
«Situazioni nuove si sono presentate nelle comunità cristiane come quelle dei divorziati uniti in una nuova unione molto più felice della precedente risultata fallimentare. È stato necessario assumere atteggiamenti nuovi verso questi cristiani; pastori e comunità cristiane sono chiamate a farsi carico della nuova realtà evitando sia il facile giudizio sia l’indifferenza come pure il facile irenismo. La disciplina della chiesa si deve interrogare su come vivere una accoglienza inclusiva di queste situazioni anche con la partecipazione attiva negli organismi di corresponsabilità e nella ministerialità».

Che cosa è richiesto ai pastori?
«Ai pastori è chiesto di promuovere nelle comunità cristiane l’assunzione di attenzioni pastorali nuove verso le “famiglie ferite”, con l’ascolto, l’accoglienza, l’integrazione. Naturalmente non deve fare tutto il pastore. Piuttosto esso si farà promotore di atteggiamenti evangelici e di far “uscire” la comunità andando incontro a queste situazioni spesso dolorose per i coniugi e ancor più per i figli. C’è l’ampio campo del laicato da sostenere nel suo compito di testimonianza e accompagnamento delle coppie giovani e delle famiglie giovani».

Venendo al titolo del convegno, che cosa significa che la giustizia è “profezia della chiesa”?
«La giustizia richiede che siano riconosciuti i diritti e i doveri di ciascuno. Eppure ogni vicenda è unica e irripetibile; anche le singole vicende matrimoniali. L’attenzione alle singole situazioni esige che si vada incontro a ciascuna persona. L’invito espresso in Amoris laetitia da papa Francesco è proprio quello di superare una sorta di generalizzazione della dottrina e della norma per farle entrare nella concretezza dei cammini personali. In altre parole, assumendo l’atteggiamento di Gesù che andava incontro a ciascuno, specialmente a coloro che erano caricati dal peso del male o della sofferenza. Così le norme ecclesiali non possono essere una mera applicazione della norma generale alla situazione personale. Occorre affrontare la fatica di adeguare (che non significa adattare) la norma al caso concreto. In questo la chiesa è profezia anche nei confronti di un mondo globalizzato che sembra omologare persone e situazioni».

In quale rapporto stanno i tre perni del convegno, cioè teologia morale, ecclesiologia e diritto?
«Il popolo di Dio vive la fede all’interno di comunità cristiane; l’ecclesiologia radica tali comunità nell’esperienza dell’Amore trinitario che genera comunione. La comunione per permanere nella verità che la costituisce chiede ai fedeli di assumere le scelte secondo uno stile evangelico che giunge a essere un precetto: il precetto dell’amore verso Dio e verso il prossimo. La teologia morale aiuta a comprendere le forme pratiche di un tale precetto anche nelle vicende coniugali e familiari. Del resto – ha affermato papa Benedetto XVI – «il “comandamento” dell’amore diventa possibile solo perché non è soltanto esigenza: l’amore può essere “comandato” perché prima è donato (Deus caritas est, n. 14). Il diritto canonico ha il compito di individuare i soggetti chiamati a promuovere la carità nella comunità cristiana, ciascuno con responsabilità peculiari, e a indicare le condizioni concrete per poterla vivere. La stessa cosa si può dire di quella peculiare versione della carità che è l’amore coniugale e familiare».

Amoris laetitia apre nuove prospettive? Quali?
«Amoris laetitia sembra aprire nuove prospettive. Le vie della missione e dell’annuncio verso le persone e le coppie “ferite” che hanno fallito un precedente matrimonio. Queste non devono sentirsi fuori della chiesa e della sua Grazia. Perciò papa Francesco invita all’integrazione. Con una via penitenziale apre anche all’integrazione sacramentale. Invita poi le Conferenze episcopali a riflettere per indicare in quali organismi ecclesiali di partecipazione e corresponsabilità possono entrare tali persone e quali ministeri si possono assumere. Aprendo la strada a un nuovo processo per la dichiarazione di nullità, denominato “più breve”, papa Francesco chiede ai vescovi diocesani di intervenire direttamente in queste cause per manifestare la vicinanza dei pastori ai fedeli che “invocano giustizia”. Complessivamente con Amoris laetitia si è aperto un processo che il Convegno vuole tenere vivo e possibilmente far crescere specialmente nelle chiese del Triveneto».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)