Quando manca il prete… ma non solo! Formare i formatori per la pastorale

Una delle finalità dei corsi di licenza della Facoltà teologica del Triveneto per l’anno accademico 2020/2021 è di supportare la ministerialità laicale, guardando a un futuro in cui la carenza di clero, ma non solo, porterà a valorizzare maggiormente l’apporto dei laici. L’impegno in un servizio pastorale o nell’ambito educativo e sociale richiede preparazione. Per questo il secondo ciclo offre corsi a moduli o con orari concentrati e proponibili online (per chi non è interessato al titolo accademico, ma intende frequentare un singolo corso da studente uditore), come quello dal titolo Quando manca il prete… ma non solo! Formare i formatori per la pastorale, che sarà tenuto da don Andrea Toniolo, preside della Facoltà e direttore del ciclo di licenza, e da Matteo Ometto, che ha conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà ed è esperto di pastorale familiare. Con lui affrontiamo questo tema.

Professor Ometto, qual è oggi, e quale diventerà, il ruolo del laico?
«Il laico è chiamato a vivere la sua fede cristiana negli ambienti di vita che quotidianamente abita. Famiglia, lavoro, politica, società civile: è qui che egli esprime la sua vocazione ed è qui che primariamente esercita quella che chiamiamo corresponsabilità battesimale. Il compito della testimonianza cristiana che, sola, permette la trasmissione della fede, è compito di tutti i fedeli. E i ripetuti appelli di papa Francesco a essere chiesa missionaria, in uscita, sono chiaramente rivolti a tutti. Questa visione incontra sfide concrete come la diminuzione del clero, che in trent’anni si è ridotto in Italia del 16%, con una situazione più critica al nord, e ha un’età media di oltre 61 anni. Ministri ordinati e laici, insieme, devono mettere in discussione modelli e ruoli del passato con coraggio e prudenza, audacia e rispetto reciproco».

In quali campi di attività pastorale i laici potranno trovare maggiore spazio?
«Non ci sono ambiti pastorali in cui i laici non siano già impegnati e valorizzati. Nella catechesi troviamo accompagnatori, educatori e testimoni preparati; nella liturgia lettori, animatori, musicisti, senza contare chi si preoccupa di rendere le nostre chiese sicure, pulite e accoglienti; nella carità la generosa azione di chi mette a disposizione tempo e risorse per chi si trova nel bisogno. In questi tre grandi ambiti c’è sempre spazio per inserirsi, sapendo che non a tutti è chiesto tutto. Ad alcuni può essere richiesto un incarico stabile a cui corrisponde maggiore impegno e responsabilità, ad esempio per un coordinatore della catechesi o un referente dei gruppi di giovani e adulti: in questo caso si comprende che la collaborazione tra queste figure e i ministri ordinati deve essere stretta e la formazione più attenta».

In questo contesto, di quale formazione c’è bisogno per i laici che si apprestano a un servizio pastorale?
«Per rispondere è necessario prendere sul serio due dati di fatto. Il primo: da tempo non si nasce e non si cresce più in contesto di cristianesimo diffuso. La formazione deve avere i tratti di una nuova evangelizzazione, deve favorire l’incontro con Cristo e la sua chiesa, senza darlo per scontato. Il secondo: la carenza di presbiteri è strutturale: cercare soluzioni per compensare questa mancanza o sperare di invertire la tendenza rischia di essere una perdita di tempo. È necessario attrezzarsi per formare figure che partecipino all’esercizio della cura pastorale delle comunità parrocchiali. Del resto lo prevede anche la recente istruzione della Congregazione per il clero La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della chiesa».

Il corso “Quando manca il prete… ma non solo! Formare i formatori per la pastorale” a cosa punta?
«L’affidamento di più parrocchie alla responsabilità di un presbitero rende ancor più urgente la preparazione di persone, uomini e donne, che non sostituiscono le comunità cristiane nell’evangelizzazione e nella vita pastorale, ma le animano, le accompagnano, prendendosi cura soprattutto degli ambiti che chiedono maggiori competenze e attenzioni, come la realtà giovanile e famigliare. Il corso, composto di due moduli autonomi (uno nel primo semestre e uno nel secondo), intende riflettere sulla necessità di avviare percorsi formativi per animatori, coordinatori, cooperatori laici, che assumono ruoli di responsabilità nei diversi contesti pastorali. La proposta ricupera anche esperienze e iniziative presenti in molte realtà operanti in Italia e all’estero».

Quali sono le competenze che il corso farà maturare?
«Gli obiettivi del corso sono tre. Intendiamo offrire strumenti utili al discernimento comune dei carismi e ministeri per l’evangelizzazione. Metteremo, poi, a fuoco le competenze ad ampio spettro richieste agli operatori pastorali: biblico-spirituale, pedagogico-relazionale, teologico-pastorale. Infine ci confronteremo con alcune figure pastorali concrete come l’animatore di comunità e il referente della pastorale familiare».

Chi interverrà a portare la propria esperienza alle lezioni?
«Verranno due giovani che hanno conseguito il baccalaureato presso la nostra Facoltà: Giulia Bin, ora animatrice di comunità presso l’UP San Pio x di Vicenza, e Lara Tedesco, oggi assistente pastorale in Svizzera. Ci saranno Paola e Francesco Roveron, incaricati diocesani per l’ufficio famiglia della diocesi di Padova. Dalla diocesi di Milano invece conosceremo l’esperienza delle “famiglie missionarie a km0” con Lucia Gibelli, che ne è la referente assieme al marito Marco, Eugenio Di Giovine, membro della commissione diocesana, ed Emanuela Costa, animatrice della comunicazione e referente per i contatti con le esperienze simili in Italia e in Europa».

Quali sono le persone potenzialmente interessate al percorso?
«Oltre agli studenti che frequentano il secondo ciclo di studi della Facoltà, ci aspettiamo di incontrare persone già impegnate in pastorale che vogliano fare un salto di qualità, presbiteri che ritengano necessario promuovere nuovi modi di progettare, laici che abbiano a cuore il futuro delle comunità cristiane di appartenenza e che si rendano disponibili ad assumere ruoli di particolare responsabilità a favore delle comunità cristiane».

Il corso è nuovo anche nelle modalità di erogazione e prevede una certa flessibilità. Come si svolgerà?
«Il corso è pensato in modo flessibile per andare incontro a diverse esigenze: due moduli di quattro incontri da tre ore ciascuno, uno nel primo semestre (il mercoledì mattina) e uno nel secondo semestre (il mercoledì pomeriggio). Non è obbligatorio frequentare entrambi i moduli ed è possibile iscriversi come semplici uditori. Inoltre le lezioni saranno trasmesse via internet per consentire la partecipazione a distanza».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)