Alla scoperta del Bitcoin, la criptovaluta digitale

“Di sicuro porterà dei cambiamenti epocali nel nostro sistema economico, moltissimi vantaggi che oggi non immaginiamo neanche ma anche svantaggi e momenti di incertezza per chi non sarà pronto all’evoluzione, come in tutti i cambiamenti epocali, la mail, Internet, Facebook….”. Non si tratta di una profezia campata per aria, ma la previsione sensata di chi lavora, ogni giorno, con la “nuova” moneta digitale. Forse ne avrete già sentito parlare: si chiama Bitcoin, viene definita (anche) come criptovaluta e gli esperti lavorano già da anni nel preparare la strada che lo porterà a soppiantare la moneta di scambio così come la conosciamo. Effetti del mondo digitale, in cui siamo immersi, certo, ma con la testa appena sotto il pelo dell’acqua.

Nella sostanza, da quando l’essere umano ha creato la moneta il concetto è sempre rimasto invariato: il suo valore è determinato dall’alto. Oro, sesterzi, dollaro, euro: tutte sono definite come monete fiat (e così sia). “Un re, una regina o una banca hanno deciso a monte che quella era la moneta di scambio con un suo valore intrinseco”, spiega Luca Sannino, uno dei fondatori della società InBitcoin, laureato in Scienze della comunicazione a Padova e che da quattro anni si occupa di criptovaluta, da due a tempo pieno. Luca rimarca la differenza tra fiat e Bitcoin, nato nel 2008 per mano di Satoshi Nakamoto, nickname di un uomo sconosciuto. “Bitcoin è un’idea derivante da altre tecnologie, come il torrent e il meccanismo peer-to-peer: non esiste un singolo file in locale ma migliaia, all’interno di internet, in condivisione tra tutti”. Questo file è la blockchain, ovvero una sorta di registro contabile in cui vengono trascritti tutti i movimenti.

Il fatto che questo registro sia a disposizione di chiunque (sia in grado di usarlo) determina l’importanza della blockchain e il valore dell’elemento che permetta di modificare le informazioni al suo interno, ovvero il Bitcoin. E il valore del Bitcoin sale all’aumentare della domanda, di quante persone richiedono il suo utilizzo. Una domanda destinata a salire, perché è un bene scarso: “Nel momento in cui si è iniziato a coniarlo tramite il processo di mining (processo digitale di fabbricazione), Satoshi Nakamoto aveva già stabilito che il Bitcoin avrebbe raggiunto un numero massimo di 21 milioni. Questo perché appunto ne vengono minati un certo numero ogni frazione di tempo (attualmente 12,5 bitcoin ogni 10 minuti circa); tra il 2020 e il 2024 calerà a 6,25 Btc, e così ogni 4 anni, finché nel 2140 si raggiungerà la fatidica cifra”. Un bene finito quindi, che non potrà essere prodotto oltremodo, a differenza della Banca centrale europea, la quale conia 80 miliardi al mese.

L’importante è non pensare che 1 Btc equivalga a 1 dollaro; anzi, una unità di moneta digitale è arrivata a valere 7.000 dollari. Bisogna quindi prendere in considerazione la frazione del Bitcoin, ovvero il satoshi, la centomilionesima parte, e il fatto che 1 Btc arriverà a valere migliaia o milioni di euro. “Ce n’è per tutti”, rassicura Luca. Tutte le informazioni sopra elencate sono minime e parziali, perché lo studio sul Bitcoin è ancora agli inizi, ma già possono suggerire l’importanza che avrà la criptovaluta nel prossimo futuro e la rivoluzione che porterà in essere: la democratizzazione totale dell’economia, la quale dipenderà non da pochi, grandi colossi della finanza ma dall’intera società che ne farà utilizzo.

Ogni utilizzatore diventa banca di sé stesso, con tutti gli oneri e gli onori che ne conseguono. Ognuno ha un proprio portafoglio, un app nel telefono. Ognuno di questi prevede l’uso di una chiave pubblica e una privata: la prima serve per ricevere i pagamenti e la transazioni, la seconda per firmare digitalmente e quindi autorizzare i bitcoin in uscita. Per semplificare: chi possiede la chiave privata detiene il controllo sui bitcoin all’interno di quel portafoglio. Un filo diretto che elimina, nella teoria, l’intermediario (le banche), e assicura la proprietà di ognuno, certificato nel registro online. È l’altra rivoluzione del Bitcoin, che elimina il problema del trust.

Nel rapporto di compra-vendita, al giorno d’oggi, è basilare la fiducia tra i due soggetti. Con il Bitcoin questa diviene superflua. È possibile scambiare con chiunque, senza dover conoscere obbligatoriamente il soggetto con cui ci si interfaccia, la sua banca. La transazione, una volta validata nella blockchain, è sicura.” Una lunga serie di vantaggi, ma un mondo ancora inesplorato di svantaggi: “Non sappiamo ancora quali sono; probabilmente tutto ciò che è legato all’errore umano” ammette Luca. Mentre per quanto riguarda eventuali problemi informatici della blockchain: “È inattaccabile. Provano da nove anni a smantellarla; non ci sono ancora riusciti, in quanto non è vincolata in locale”.

L’azienda in cui è socio Luca, InBitcoin, favorisce la semplicità di accesso a Bitcoin per privati e aziende, ideando soluzioni come carte prepagate acquistabili dal tabaccaio o pos per il loro ritiro. “Stiamo creando un ecosistema – continua Luca – che ha portato in Trentino alla creazione della Bitcoin valley, dove esistono circa 80 esercenti che utilizzano la criptovaluta. Un luogo dove si stanno creando linee di produzione”. Per usare la criptovaluta “basta” comprarla, a seconda del valore di mercato corrente, dai siti exchange (borse online), da privati (a mano) oppure grazie ai prodotti creati da InBitcoin. L’importante è avere un proprio portafoglio su cui scaricarli.

Un mondo semplice, finché si parla di moneta, che diventa complicato quando entra in gioco la blockchain e gli usi che se ne possono fare, e i conseguenti risvolti economici. Esistono anche criptovalute alternative, ma “il 99% è inaffidabile, sono solo tentativi di trading finanziario, mentre il restante 1% non ha l’affidabilità e la sicurezza del Bitcoin”. Un sistema in cui serve impiegare tempo e fatica, ma come sottolinea Luca: “La difficoltà del sistema Bitcoin lo rende non accessibile a tutti. Coloro che i bitcoin, i miners, investono tempo e soldi negli hardware e nell’alimentazione necessaria. Così facendo assumono una doppia funzione: validano le transazioni, assicurando che 1 btc non venga speso due volte, e aumentano la difficoltà del mining, alzandone il valore. Se fosse tutto facile, già sarebbe svalutato”. Il tutto è assicurato da internet, dalle informazioni che vi vengono scritte dentro e che iniziano ad essere preziose più dell’oro.

D’altronde, già il sistema economico attuale è fatto di transazioni registrate nei libri bancari, slegate dalle riserve auree, detenute appunti da privati e non dall’imparzialità dell’etere. Sistema che sta cercando di digitalizzarsi; Luca lo spiega con una metafora: “stiamo cercando di passare all’utilizzo dei gas, utilizzando ancora macchinari a carbone. La soluzione potrebbe essere non digitalizzare il sistema attuale, ma passare al digitale”. Nell’attesa di sapere come andrà a finire, possiamo scegliere due strade: metterci comodi e aspettare che succeda qualcosa, o tirare il fiato, tapparsi il naso e andare a fondo. Il digitale impone l’ennesima scelta nella storia dell’umanità. Sapremo assecondare il “cambiamento epocale” del Bitcoin.

(tratto da http://www.ilvivipadova.it)

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