La gente oggi crede ancora o non crede più in Dio? La lezione magistrale del Card. Ruini a Padova

La gente oggi crede ancora o non crede più in Dio? Questa è la domanda cui ha cercato di rispondere, con una lezione magistrale dinnanzi a un pubblico numeroso e variegato accorso al teatro “Don Bosco” di Padova, il cardinale Camillo Ruini, invitato nei giorni scorsi dall’associazione ex allievi dell’istituto vescovile Barbarigo.
Una domanda difficile da argomentare in un’ora e mezza, difficile anche per il taglio filosofico che presupponeva una certa preparazione culturale e altrettanto profonda motivazione spirituale: presenti evidentemente entrambe tra gli astanti, fedeli ascoltatori sino alla fine dell’intervento e attenti porgitori di domande pertinenti e puntuali.

La tesi della secolarizzazione, prevalente tra i sociologi occidentali qualche decennio fa, ha spiegato sua eminenza Ruini, prevedeva una fede in Dio destinata a scomparire presto o a sopravvivere in qualche gruppo isolato rifiutante la modernità. Tale tesi, studiata dal filosofo-sociologo canadese Charles Taylor con le posizioni del quale Ruini si trova in accordo, sarebbe nata a metà Ottocento con la convinzione, anche tra la gente comune, che un ideale di pienezza della vita può essere possibile anche senza Dio e che il credere in Dio sia solo una possibilità umana tra le altre.
Oggi, invece, si tratterebbe di una tesi contestata, addirittura abbandonata, visto che la religione viene distinta dalle altre dimensioni dell’esistenza, senza per questo venire meno. «Anche quando cambiano radicalmente i contesti sociali e culturali, la domanda religiosa non si estingue, ma si ricompone in forme più adatte alla nuova situazione – ha spiegato il cardinale – L’approccio al tema, però, non può essere neutrale, oggettivo e scientifico. La questione di Dio coinvolge inevitabilmente la persona, il soggetto che la pone, poiché ha che fare con il senso e la direzione della nostra vita e con il modo in cui interpretiamo noi stessi e tutta la realtà. Ecco perché non è esagerato affermare che “con Dio o senza Dio cambia tutto”».

Nella pratica siamo costretti a scegliere tra le due alternative già individuate da Pascal: o vivere come se Dio non esistesse, oppure vivere come se Dio esistesse e fosse la realtà decisiva della nostra esistenza. «Ma per quanto importante e decisiva possa essere la questione di Dio per la nostra vita e per l’interpretazione di tutta la realtà – ha proseguito Ruini – non possiamo arrestarci a questo aspetto. Dobbiamo affrontare in maniera diretta anche la domanda riguardo alla realtà di Dio, cioè alla sua esistenza o non esistenza. Se infatti Dio non esistesse ogni riconoscimento della sua importanza per noi rimarrebbe inevitabilmente sospeso nel vuoto, anzi sarebbe illusorio. Quindi la domanda a cui la vita stessa rimanda è in ultima analisi quella se Dio ci sia o non ci sia».

Da qui è proseguita l’analisi, seguendo più tracce di discussione, a partire dalla rivelazione personale di Dio. «Come avere la certezza che Dio esiste e, se esiste, che si interessa di noi? Intanto perché Dio si fa presente manifestandosi personalmente nella rivelazione biblica – ha sottolineato il relatore – Si rende necessario, però, anche un secondo tipo di risposta alla domanda sull’esistenza di Dio, cioè di una riflessione razionale su Dio, che conduca a lui a partire dalla realtà di cui abbiamo esperienza».
La riflessione si è quindi spostata sulla via che parte dalla conoscibilità della natura, e su quella che guarda alla domanda sul fondamento ultimo della nostra coscienza morale e sulla distinzione tra il bene e il male. Perché un’altra grande difficoltà nel cammino verso Dio è legata alla presenza del male nel mondo: «Cui va unita la considerazione, però, che non solo il male ma anche il bene esiste ampiamente nel mondo e nell’uomo – non ha mancato di notare Ruini – Una questione che richiede spazio a una risposta più alta, che in ultima analisi può venire solo da Dio».

L’esistenza del Dio personale sul piano razionale, ha concluso il cardinale, pur essendo solidamente argomentabile non è oggetto di dimostrazione apodittica, ma rimane, citando papa Ratzinger «l’ipotesi migliore che esige da parte nostra di rinunciare a una posizione di dominio e di rischiare quella dell’ascolto umile». Il che dovrebbe implicare e portare a rapporti di rispetto reciproco e di sincero e prudente dialogo tra credenti e non.

a cura di Cinzia Agostini
 

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